Giudice triestino inibito 18 mesi «Provò a ostacolare Schwazer»

Il Tribunale federale della Fidal ha la mano pesante con l’internazionale di marcia Nicola Maggio. Al centro della vicenda sono due sue telefonate a Donati
Di Roberto Degrassi

TRIESTE. Diciotto mesi di inibizione. Sei più di quanto richiesto dalla Procura federale. Non ha avuto la mano leggera il Tribunale federale della Federazione italiana di atletica leggera nei confronti del triestino Nicola Maggio, giudice internazionale di marcia.

Al centro della vicenda, legata al caso Alex Schwazer, sono due telefonate fatte da Maggio a Sandro Donati, il tecnico - paladino della lotta al doping - che si è assunto la responsabilità di allenare l’olimpionico dopo il lungo stop dalle gare. Secondo gli atti della sentenza, Maggio ha telefonato a Donati all’alba del 7 maggio 2016, un giorno prima del ritorno di Schwazer nella 50 km del Mondiale a Roma, e il 23 maggio poco prima della 20 km di La Coruna. Due tappe che, se affrontate con successo, avrebbero permesso all’atleta altoatesino di “vedere” i Giochi di Rio de Janeiro. In realtà una seconda violazione delle norme antidoping è costata a Schwazer una nuova squalifica a otto anni, proprio alla vigilia della gara brasiliana.

A far discutere sono stati in particolare alcuni passaggi delle telefonate. In quella del 7 maggio il giudice dice a Donati: «Glielo dica ancora una volta, fino a prima della gara, lasci vincere Talent (un altro atleta, ndr), mi capisce?». Nella sua difesa, affidata agli avvocati Massimo Scrascia e Marzio Calascione, Maggio spiega che si trattava «di un amichevole suggerimento di convenienza». Una tesi che però non ha convinto il Tribunale federale, insospettito anche dall’ora - le 6 del mattino - della telefonata. «Il tenore letterale non lascia spazio ad equivoci dimostrando il tentativo di condizionare la gara».

Nella telefonata del 23 maggio, invece, la frase incriminata è «Gli dica di fare una gara bella tecnicamente, di non andare a cercare disgrazie con i due cinesi che sono da un’ora e 17, perchè non ha senso».

Secondo Maggio si trattava solo di un invito a Schwazer, tramite l’allenatore Donati, per marciare bene evitando di incorrere in errori tecnici. Secondo il Tribunale federale effettivamente la frase non prefigura un tentativo di alterare la gara ma sarebbe comunque in contrasto con «l’immanente principio di lealtà, probità e correttezza sportiva».

Determinante nella vicenda è stata la testimonianza del professor Sandro Donati contro il sessantanovenne giudice triestino, peraltro uno dei più esperti e accreditati nell’ambito della marcia internazionale.

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