I 70 anni del barone Franco Causio «La mia carriera, chiusa a Trieste»
La sigla è sugli inviti che ha mandato a tutti i suoi amici sparsi in giro per l’Italia. Franco Causio compie 70 anni e li festeggerà questa sera allo Stadio Friuli di Udine in una cerimonia-evento. Per l’occasione il Barone ha scelto tre foto con le maglie che più hanno caratterizzato la sua storia di calciatore: la Nazionale, la Juventus e l’Udinese.
«Sono partito da Lecce , la squadra della mia città, ho chiuso nella Triestina». Un lungo viaggio sempre più entusiasmante caratterizzato dal fatto di aver sempre trovato le persone giuste nel posto giusto. A cominciare dai suoi genitori. «Papà aveva un negozio di bombole a gas, veniva a prendermi a scuola con l’ape e mi portava all’allenamento». Esordì in C a Lecce assieme a tutti i suoi compagni della Primavera: gli stipendi non arrivavano e la prima squadra aveva indetto uno sciopero». Prima gara contro la Reggina, la squadra nella quale qualche anno dopo la Juve lo avrebbe mandato in prestito. Il suo primo club di B fu la Sambenedettese, stagione ’65-’66. Fece tre provini con Torino, Inter e Mantova. «Fu l’occasione in cui incontrai per la prima volta Enzo Bearzot che era il secondo di Rocco al Toro. La sua relazione fu lusinghiera, ero convinto di andare a Torino». All’ombra della Mole ci andò, ma alla Juve. «Verso la fine della stagione feci un provino a Forlì: non ci volevo nemmeno andare, poi mi convinsero. Alla fine mi venne incontro un signore e mi disse: “Bravo, anche troppo”. Era Luciano Moggi».
A San Benedetto viveva in appartamento, alla Juve lo mandarono in convitto: «Mettiti in riga – mi dissero –. Fu la mia fortuna. Mio padre mi ha insegnato il rispetto, alla Juventus l’umiltà, il sacrificio e il lavoro. Oggi i giovani dopo una partita di A si sentono arrivati, vogliono tutto e subito. Io sono contento della gavetta che ho fatto».
Undici anni a Torino, sei scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Con la Nazionale, tre Mondiali: «A Germania ’74 partimmo come favoriti e pagammo il dualismo tra Rivera e Mazzola: chi fa la mezzala? E chi sta sulla fascia? Ne fece le spese il sottoscritto». Argentina ’78: «Non ci vollero far arrivare in finale, altrimenti l’avremmo vinta noi contro i padroni di casa». Infine Spagna ’82 e il trionfo al Bernabeu: «Avevo il numero 15, il mio 7 era di Scirea, andai a chiedergli la maglia, sapeva che ci tenevo. Me la diede senza battere ciglio. Oggi la porterò alla festa. Se Gaetano fosse vivo sarebbe con noi stasera».
Un pugliese che ha vinto tutto con la Juve si è poi trasferito a Udine dove è rimasto a vivere. E pensare che in Friuli non ci voleva venire. Ma a Udine ha giocato con Zico. Il brasiliano è nel suo undici ideale: 4-2-3-1 Zoff in porta, Gentile, Collovati, Scirea e Cabrini in difesa, in mediana Furino e Tardelli, Causio, Zico e Conti dietro Rossi di punta». Non male, vero?—
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