I gestori dei campi a 7 rischiano il collasso «Senza alcun incasso spese insostenibili»

TRIESTE
Per bambini, amici, tornei e dilettanti. Sono i numerosi campetti a sette sparsi per la provincia di Trieste: comunali, privati o... ibridi. Terreni ormai tutti in erba sintetica. Strutture che, in questo momento di Coronavirus, come per tutte le attività in Italia di non primaria importanza, hanno i propri cancelli chiusi.
A rimetterci molto da queste chiusure è naturalmente il privato, caso questo del Nuovo Soncini Calcio, l'unica realtà dilettantistica calcistica a Trieste che paga un affitto a prezzi di mercato alla proprietà del campo, la Fondazione Caccia Burlo, ed è quindi estremamente esposto in questo periodo di chiusura forzata dell'impianto. L'associazione, fra le altre cose, offre gratuitamente la possibilità alle squadre giovanili della Triestina di allenarsi e giocare le proprie partite e accoglie a proprie spese alcuni ragazzi della zona in collaborazione col San Luigi.
«Riuscire a far stare economicamente in piedi una realtà come la nostra non è certo agevole - racconta Giuseppe Morea, presidente dell'associazione - tuttavia grazie all'impegno di tutte le persone che collaborano nel portare avanti l'attività siamo sempre riusciti a far quadrare i conti e ad assolvere a tutti gli obblighi. Finora eravamo spaventati solamente dalle settimane di brutto tempo, ora però la situazione è decisamente fuori dal nostro controllo: con il campo chiuso per legge e le spese che invece vanno avanti (non solo locazione dell'impianto, ma anche acqua, luce, gas, noleggio tensostruttura, gestione caldaia, manutenzioni ordinarie ecc.) non sarà possibile resistere per più di qualche settimana specialmente perché la primavera è il momento di massimo afflusso di persone e attività sportive giovanili e amatoriali e i ricavi di questo periodo servono per tenere in piedi l'associazione nei periodi più freddi. Ci conforta molto in questa fase la vicinanza della proprietà della struttura che ci è sempre stata accanto».
Il rovescio della medaglia è rappresentato da chi ha in gestione un impianto comunale che dunque non deve pagare alcun affitto se non un simbolico canone di locazione venendo anche aiutato con le bollette dalla stessa amministrazione comunale. Queste le parole di Ezio Peruzzo, presidente del San Luigi che ha in gestione il campo di via Felluga e di Melara: «È indubbio che il campo a sette e il bar annesso ci portano un utile che poi serve come risorsa per la nostra società. Questa chiusura porterà gravi ripercussioni».
L’ibrido di cui si diceva in apertura riguarda il campo del Trifoglio, dapprima di proprietà della Provincia e ora conteso tra Uti e Comune di Trieste. Il terreno, che si trova all’interno del comprensorio dell’istituto Galvani, ha perso l’omologazione e con settembre non potrà più ospitare i ragazzi della scuola per l’attività di educazione fisica perché non si sa chi dovrebbe provvedere a sistemare le cose. Per intanto il problema è adesso. «Il Governo - dice il presidente dell’asd Trifoglio Pasquale Inciso - è troppo immobile sulle cose che riguardano certe realtà minori. Dovrebbe far si che in automatico tutte le società dilettantistiche spalmino in dieci mesi le bollette di questi tre mesi perché i soldi per pagare non ci sono visto che le stesse bollette continuano ad arrivare».
Ma come si comportano le aziende, soprattutto di luce e gas, nei confronti delle associazioni in questi casi? «Per dare un servizio in più - conclude lo stesso presidente - abbiamo messo Sky in bar e questa ci ha mandato subito il messaggio che fino al 31 marzo la bolletta (180 euro mensili) è sospesa. Per il gas ci è stato spalmato quella corrente in tre volte. Chi invece ci ha risposto picche è l’azienda per l’energia elettrica che ci ha detto che non è prevista nessuna sospensione dei pagamenti. Si fa molto dura». —
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