Il figlio di Garza “rischia” di diventare un centro Nba

Il padre 22 anni fa rilevò la PallTrieste promettendo magie e poi sparì cercando di vendere i diritti. Negli Usa finì sotto processo, ora fa “vendita consapevole”



Il cognome ancora adesso a Trieste scatena solo pessimi ricordi. Garza.

Come Frank Garza. Chi segue i destini della Pallacanestro Trieste ed è maggiorenne da un bel po’ non può averlo dimenticato. Arrivò nell’estate del 1998 attratto dalla prospettiva di fare affari con il cablaggio di Trieste. Il veicolo del basket gli venne suggerito dal cognato, Teo Alibegovic. E del resto Frank Garza a basket ci aveva pure giocato, con minor fortuna rispetto al cognato ma a livello decoroso. Si presentò con un geniaccio dei computer, Marc Canter, con cui poi finì a denunce e liti furiose, e con l’ambizione di fare del Palatrieste un gioiellino ipertecnologico targato Adrical, crasi di Adriatico e California. Visto che i progetti faraonici per certi soggetti sono come le ciliegie, uno tira l’altro, ecco l’ambizione di gestire tutta la cittadella dello sport di Valmaura. Roba da 15 miliardi delle vecchie lire per 30 anni. Il Comune diede l’ok chiedendo però di ottenere garanzie di solidità economica. Ma quelle non arrivarono mai, con Garza uccel di bosco oltre Oceano, a prendere tempo. Nel frattempo quella squadra, allenata da Cesare Pancotto, con Alibegovic e Williams stranieri e un solido gruppo italiano con Laezza tra i leader, riuscì a salire ugualmente in A1, contro tutte le avversità. Compresa quella di vedere la proprietà Garza tentare di vendere il titolo sportivo appena conquistato per fare un po’ di cassa prima di tagliare definitivamente i ponti con Trieste.

Negli Usa a Frank Garza disse male ancora. Si guadagnò l’attenzione persino della Fbi e venne condannato per frode e riciclaggio di denaro, con l’accusa di aver chiesto e ottenuto fondi da investire in una società di Denver specializzata in fibre ottiche ma usandoli in realtà per speculazioni immobiliari in Arizona. Altro scherzetto da qualche milioncino di dollari.

Oltre un decennio dopo quel pasticciaccio, negli Stati Uniti il cognome Garza torna a far discutere. E c’entra sempre il basket. Ma senza i trucchetti da mariuolo informatico. Si chiama Luka Garza uno dei più promettenti centri del campionato universitario. Ha 21 anni, due metri e 11 centimetri e sta facendo sfracelli con Iowa. E nelle interviste - che stanno diventando sempre più frequenti da parte della stampa specializzata - racconta che il basket è una tradizione di famiglia e che è stato papà Frank a mettergli il pallone arancione in mano. Sì, proprio quel Frank Garza...

Uno dei peggiori proprietari visti nella storia dello sport triestino - e sì che, Unione compresa, non ci siamo fatti mancare niente... - adesso fa il motivatore di “vendita consapevole” con un guru, riempie gli auditorium e dà consigli al figlio per farne un prospetto da Nba. Gli ha fatto perdere una trentina di chili, lo ha fatto lavorare tecnicamente con il suo ex coach alle Hawaii, Bill Trumbo (altro personaggio transitato per Trieste), e d’estate lo ha portato nei Balcani a lavorare con zio Teo. Per avere un Garza nella Nba. —

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