Il ritorno del popolo alabardato quasi in 6mila tra cori e bandiere

Una giornata speciale allo stadio per tutti quelli che hanno voluto sfidare il freddo e gli ingorghi per seguire una gara dove finalmente si giocava per l’alta classifica e non per i play-out o in Eccellenza
Di Roberto Degrassi
Lasorte Trieste 04/12/16 - Serie D, Triestina - Mestre,
Lasorte Trieste 04/12/16 - Serie D, Triestina - Mestre,

TRIESTE. Cinquemilanovecento spettatori. Auto in coda scendendo dalla rampa della Grande viabilità di Valmaura (a proposito, ma per un evento dallo scontato maxiafflusso non si poteva potenziare la presenza della polizia municipale per scongiurare ingorghi?), file di venti minuti abbondanti all’ingresso dello stadio Rocco. Tanta, tanta gente, al punto che qualcuno ha potuto prendere posto all’interno a partita già cominciata.

È finita com’è finita, eppure proviamo a riflettere, dribblando l’emotività. Quando era successo l’ultima volta? Play-out con Liventina, tornando eccezionalmente allo stadio dopo l’embargo-Pontrelli - ora dato in possibile approdo trevigiano in combutta con Corvezzo - per conservare il diritto alla serie D prima di cambiare pagina. E la volta prima ancora? Altri play-out, contro il Dro. E andando ancora a ritroso nel tempo? Play-off di Eccellenza persi con la Pro Dronero, roba che a ripensarci ora si rischia di morire di crepacuore. Prima? Altri play-out (persi), anche se stavamo in Prima Divisione ed era già qualcosa.

Ieri per la prima volta da tempo quasi immemorabile i tifosi della Triestina sono andati allo stadio per vivere un confronto di vertice, una partita in cui c’era qualcosa di diverso dalla solita sbobba per la sopravvivenza cui erano stati abituati negli ultimi anni. La gente ha rispolverato sciarpe e bandiere, riabituandosi all’idea di mettersi in coda, al freddo, per andare a vedere una partita di calcio. In tribuna faceva quasi tenerezza un ragazzino che nel secondo tempo ha cominciato a sventolare un bandierone, quasi a voler spingere la squadra verso il pareggio. Poco importa se il bandierone fosse datato, rimandando al “Progetto triestinità”. Lo ricordate? Lo varò l’allora vicepresidente Raffaele Bruno: «È il risultato di un mese e mezzo di colloqui avuti con l'intero tessuto cittadino e ciò che vi è contenuto sono le richieste e i desiderata avanzati dalla città alla Triestina». Da quel giorno di progetti sul conto dell’alabarda ne sono spuntati tanti, pure troppi. Meno, molto meno, i bandieroni. Le richieste e i desiderata, per dirla con le parole dei vertici di quell’epoca, sono rimaste parole affidate alla bora. Tanto qualche frase a effetto non si nega a nessuno.

La speranza è che, riscoperto per una domenica il senso e il piacere di andare allo stadio, la fiammella non venga spenta subito dallo scoramento per un primato sempre più lontano e dalla comodità di un pomeriggio davanti al televisore e al termosifone. Speravamo di correre, fermando il Mestre. Vabbè, vuol dire che avanzeremo pian pianin...

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