La saggezza di Giordani: le partite le decidono gli arbitri
“Inutile protestare, tanto le partite le decidono sempre gli arbitri. Fatevene una ragione». La teoria, enunciata non meno di 50 anni fa dal giornalista Aldo Giordani, telecronista storico della prima Rai e tra i massimi esperti della nostra pallacanestro, risulta attuale anche al giorno d’oggi. E se è ragionevolmente accettabile per il basket - sport come pochi dove visto l’incredibile equilibrio del punteggio un fischio da una parte piuttosto che dall’altra è sempre decisivo per il risultato finale – credo che a buon titolo possa valere per molte altre discipline, a cominciare dal calcio.
L’introduzione che la Palla suggerisce questa settimana è dovuta alle sacrosante proteste della Triestina dopo l’arbitraggio di Potenza, che ha sancito l’inutile passaggio del turno dei lucani (poi prontamente eliminati dalla lotta per la B e forse… anche dalla permanenza in C!), ma soprattutto tolto immeritatamente alla nostra Unione il legittimo diritto di provarci fino in fondo. Quella partita l’ha decisa il direttore di gara, ritenendo non punibile l’evidentissima spinta in area ai danni di un alabardato. Così come l’hanno decisa i legni colpiti dai nostri ben prima del beffardo gol finale. Ecco, torniamo allora allo scomparso Aldo Giordani, che completava la sua teoria sostenendo che un fischio (sbagliato!) di un arbitro è come un pallone che gira sul ferro del canestro ma non ci entra. Nel calcio, un rigore non dato è come un palo invece che un… gol!
Ed ecco che allora ogni protesta, ogni esposto, ogni dossier lascia il tempo che trova e serve a poco, se non a scrivere un “precedente”, accendendo una luce su un’ingiustizia che probabilmente da molti sarà poi dimenticata in fretta. Con l’eccezione del tifoso, che nel suo personale archivio delle ingiustizie subite dalla squadra del cuore, infilerà anche il torto subito a Potenza, oltre ai tanti che proprio la scorsa settimana la Palla di Cristallo ci ha ricordato.
Detto ciò, resta l’amara considerazione di come non ci sia spazio né tempo, durante quella frazione di secondo nella quale l’arbitro decide per un fischio decisivo, per giustificare la ratio di quella scelta. Da anni a Trieste ci portiamo dietro la dietrologia di una persecuzione calcistica nei confronti della nostra città. Ma come, la tradizione di una società che manca da più di 60 anni in serie A…, una città di oltre 200mila abitanti orfana di campionati di livello (se non la A, almeno una B ci pare un diritto!), una squadra che gioca in uno stadio tra i più belli e moderni d’Italia…, e ogni volta che arriviamo al dunque : ecco che succede.
Nossignori! Non c’è una logica, non pare esserci legame tra il blasone ed il risultato, né pare tra il peso di questo o quel club, perché altrimenti qualsiasi arbitro avrebbe fischiato quel rigore per noi a Potenza, probabilmente promuovendo i programmi solidi di una società come la Triestina invece di mandare ad un turno successivo una società sul punto di portare i libri in Tribunale. E allora non resta che rifugiarsi nella teoria del buon Giordani: fatevene una ragione, visto che le partite le decidono (quasi) sempre gli arbitri, non solo nel basket. E quel rigore non dato fate finta sia stata la terza traversa colpita dai nostri, così come il rigore non dato contro il Pisa lo scorso anno immaginate sia stato concesso e poi magari… tirato fuori. Come altri penalty decisivi da noi sbagliati in passato.
Vi sentite meglio…? Lo so, la risposta è “proprio no”! E avete tutte le ragioni del mondo. Un sorriso amaro vi è concesso. —
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