L’architetto velista che disegna il mare

«Mi nonno navigava e mio padre pure. Io ho unito la tradizione di famiglia alle mie passioni. Cucina inclusa»
TRIESTE. «Il mare è una dimensione per irrequieti; la sua dimensione liquida, che porta a muoversi, si allinea un po’ con lo spirito di quella gente che è sempre alla ricerca di qualcosa». L’architetto Giulio Stagni, classe 1955, racconta il suo legame con il mare. Passione che in famiglia respira fin da subito. Il nonno, infatti, era una marinaio sulla Vulcania, sulla Saturnia e sull’Andrea Doria, mentre il padre ha navigato con compagnie americane e con la Esso Standard.


Giulio inizia ad andare per mare spinto dalla voglia di scoprirlo. «Degli amici di Cagliari mi avevano invitato per una crociera in Tirreno, ma mio padre mi aveva proibito di andarci se prima non avessi frequentato un corso, perché secondo lui il Mediterraneo era molto più pericoloso dell’Oceano». Detto fatto, inizia a frequentare dei corsi a Caprera, dove impara l’attività di diporto, sulla traccia della scuola francese Glénans. «Eravamo tutti dei novizi. Terminato il corso, abbiamo noleggiato un’arpege con un istruttore e abbiamo attraversato per la prima volta il Tirreno, arrivando a Portofino. Ci sembrava di aver attraversato l’Oceano Pacifico. Abbandonare la terra sarda con i suoi odori, una dimensione molto rude, e improvvisamente arrivare a Portofino, una dimensione più raffinata, è un ricordo magico».


Da quella volta, ritorna spesso con gli amici lombardi e piemontesi in Tirreno, in Sardegna, fino ad arrivare alle Isole Eolie mentre con gli amici triestini va in Dalmazia: «Facevamo delle crociere di settembre, quando in Dalmazia non c’era più tanto traffico e la terra acquistava il fascino di un tempo». Di origini quarnerine, Giulio quelle zone le naviga in lungo e in largo, restandone ogni volta affascinato, ma anche sfidandole: «Sono capitati più volte, in piena estate, i neverini a Ilovik. Accade spesso che la differenza termica tra il Velebit e il mare porta ad improvvisi cambi di tempo con un violentissimo vento e pioggia. La percezione di insicurezza è davvero forte». Con i catamarani il viaggio si faceva veloce e quando finiva, per spezzare la noia, «passavo il mio tempo a cucinare». L’arte della cucina e la passione per il mare le unisce al disegno in un libro, “Piedemarino”, per diportisti, dove dedica una parte alla cucina, a come dev’essere distribuito il cibo quando si naviga per parecchi giorni.


«L’idea di fare dei manuali illustrati è nata anni fa. Avevamo una piccola scuola di vela e volevo realizzare un manuale per ragazzi illustrato che spiegasse i movimenti da compiere quando si è in barca. Poi mi sono appassionato ai libri di Carlo Sciarrelli; lui nei suoi testi parla soprattutto di imbarcazioni inglesi e americane, lasciando una parentesi aperta per gli schooner, che non riusciva a trattare, con l’auspicio che qualcuno potesse farlo in futuro». Dopo vari studi, Giulio dà vita a “Schooner”, libro che racconta delle imbarcazioni per la pesca del merluzzo nei Banchi di Terranova. L’ultimo lavoro è, invece, dedicato allo Yachting degli Asburgo a Pola. Il prossimo? È già in cantiere.


Conquistato da Sciarrelli, Giulio acquista una passera, Nababbo II, ridisegnata proprio da Sciarrelli, e partecipa a due edizioni della Barcolana Classic (2014 e 2015). «La bellezza di questa regata è anche il pre-regata, quando sui moli dell’Adriaco si incontra gente proveniente da tutte le parti. Sembra un po’ di recuperare l’aria e lo spirito del vecchio Impero».


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