«Le donne e il calcio, la competenza contro i pregiudizi»

Intervista all’allenatrice campione d’Italia Milena Bertolini: «Nessun aiuto per aiutarci a crescere»
Di Guido Barella

GRADISCA D’ISONZO. Per il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio le donne, nel calcio, «si pensava fossero un soggetto handicappato rispetto al maschio» («ma abbiamo riscontrato che sono molto simili» aggiunse, bontà sua). Per Felice Belloli, già presidente della Lega dilettanti, le calciatrici invece sono «quattro lesbiche». E’ difficile vivere nel mondo del calcio femminile, in Italia. Milena Bertolini, emiliana di Correggio, è l’allenatrice di calcio femminile campione d’Italia con il Brescia nel quale gioca anche la triestina Sara Gama (ma non solo: in bacheca ha anche un altro scudetto, tre coppe Italia, due Supercoppa italiana e tre panchine d’oro). E' lei ad aver curato il libro "Giocare con le tette" («non è una storia del calcio femminile, ma una storia al femminile del calcio e un po’ anche del mondo» come scrive la stessa Bertolini), presentato ieri a Gradisca d’Isonzo.

Milena Bertolini, viste le premesse, quali sono le reazioni quando dice di essere un’allenatrice di calcio?

Ebbene sì, c’è ancora un po’ di stupore. E’ dura? Mah, ci sono abituata e la cosa non mi dà fastidio. Anche perché poi, quando si capisce che qualcosa di calcio ne capisco, la stupore scompare. Io comunque vivo da sempre di calcio, per me è una passione enorme.

Lo ammetta: alla fin fine Tavecchio e Belloli vi hanno (quasi) fatto un... piacere, vista la reazione unanime alle loro parole.

E’ accaduto soprattutto dopo le parole di Belloli: la reazione a quell’intervento ha compattato tutto il nostro movimento dandoci nuova forza.

Un aiuto importante lo sta dando Katia Serra, opinionista molto apprezzata per la trasmissione Rai di Fabio Insinna “Il grande match” dedicata agli Europei.

E sa perché? Katia è molto competente e la competenza è l’arma per sconfiggere ogni pregiudizio. Ma il cammino che il calcio femminile deve percorrere in Italia per giungere ai livelli raggiunti da altre nazioni è ancora lunghissimo. E la strada è tracciata solo a slogan, non certo con i fatti.

L’estate scorsa la Federcalcio aveva stabilito che i club maschili di A e B dovessere avere nei loro settori giovanili anche la sezione femminile.

Belle parole e niente più. Ad esempio a Brescia tra noi e il club maschile non c’è alcun rapporto ufficiale. Qualcosa è stato fatto alla Fiorentina, alla Lazio, all’Empoli e al Bari. Stop. Del resto la norma era facilmente aggirabile e non sono previsti controlli. Non solo. Ora siamo al passo indietro, perché doveva entrare in ballo anche la Lega Pro, che invece si è opposta.

E così il calcio femminile in Italia non cresce.

Siamo sempre in 20mila. Ma se vent’anni fa eravamo comunque un paese importante nella geografia mondiale del calcio femminile, oggi siamo sempre più indietro, perché tutti gli altri viaggiano veloci e sono andati avanti. Mancano le risorse e se mancano le risorse è perché manca la volontà di far crescere il calcio femminile in Italia. E le nostre ragazze migliori se ne vanno in Germania, in Francia, in Spagna...

Negli Usa il calcio è il primo sport scolastico tra le ragazze...

...mentre in Italia è presente poco o nulla nelle scuole e nel frattempo i club fanno sempre più difficoltà a tirare avanti.

Eppure lei non si è arresa, il calcio femminile continua a essere il suo mondo.

E’ la grande passione che ho per questo sport. Se riesco a vivere di calcio? Ni... Nel senso che è il mio secondo lavoro.

Il prossimo anno ci sono gli Europei femminili.

Con la fase finale in Olanda: l’Italia ha buone possibilità di qualificarsi. E poi, fra tre anni ci saranno i Mondiali, in Francia.

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