«Leicester, un trionfo nato in punta di piedi»

TRIESTE. La festa con Andrea Bocelli che canta, accompagnato da tutto lo stadio, “All’alba vincerò” e poi “Con te partirò”. Poi, la partita, contro l’Everton, vinta 3-1 (con tra l’altro la doppietta del bomber Vardy) e la consegna della coppa della Premier League. E’ stato un sabato sera indimenticabile, quello vissuto l’altra sera a Leicester al King Power Stadium, il campo dei “Foxes” neo campioni (a sorpresa) d’Inghilterra dopo 132 anni di storia del club. E al fianco del tecnico che ha firmato l’impresa, Claudio Ranieri, c’era lui, Paolo Benetti, il suo vice, un passato da giocatore della Triestina per due stagioni una ventina di anni fa che non ha mai dimenticato.
«Ma la vera festa - racconta al telefono dall’Inghilterra Benetti - era stata lunedì sera, dopo il pareggio del Tottenham sul campo del Chelsea che ci ha regalato matematicamente il titolo. Dico la verità: ancora non ce ne rendiamo conto».
Quale è stato il segreto del trionfo del Leicester?
Ci sono tante componenti, tante felici combinazioni, compresa anche, perché no, un po’ di fortuna, legata al fatto che le grandi hanno un po’ deluso. Ma il bello è che il calcio non è una scienza esatta.
Certo, comunque, la guida tecnica ha avuto il suo peso: con Ranieri e Benetti dall’Italia era arrivato in estate al Leicester anche il preparatore atletico Andrea Azzalin.
Noi ci siamo presentati in punta di piedi: non era facile integrarsi con tutto lo staff che abbiamo trovato qua a Leicester, ma l’abbiamo fatto presentandoci con molto rispetto. In fondo entravamo in casa loro... E’ stato un approccio particolare, un venirsi incontro. Insomma, Ranieri ha certo alla fine imposto le sue idee, ma senza stravolgere le abitudini di questo ambiente.
Quale è stato il momento in cui ha capito che era fatta?
I momenti in realtà sono stati tanti, fino all’ultimo, perché nel calcio finchè non vinci non sei sicuro di niente. Certo però c’è stato un momento in cui anch’io ho iniziato a crederci: era la partita in casa contro lo United, pareggiata per 1-1. Ebbene, i ragazzi erano, lo posso dire?, incazzati per non aver vinto. Beh, non vincere contro lo United ci può stare per una provinciale, e invece no, i giocatori non lo hanno accettato. Un segnale importante da parte della squadra. E da ex giocatore dico che la vittoria del titolo nella Premier League è soprattutto merito loro, dei ragazzi: se la sono davvero meritata.
Ranieri alla fine ha dovuto andare all’estero (il Monaco, la nazionale greca, oggi il Leicester). Perché non ha avuto tutta la fortuna che meritava in Italia?
La mia impressione è che in Italia non goda di buona stampa. Dicevano che è un buon allenatore ma non un vincente. Anche se tutti i suoi risultati mi sembra che dicano altro...
Come si vive il calcio in Inghilterra?
Inutile nascondersi: in Inghilterra sono davvero più avanti di noi. A iniziare dal clima che si respira negli stadi, sempre pieni, dove nessuno ti insulta e dove si tifa per la propria squadra e non contro quella avversaria. Ed è questo il motivo primo per cui il calcio, qua nella Premier, è un “prodotto” che si vende molto bene.
Lei è stato a Trieste da giocatore vent’anni fa, tra il 1996 e il 1998, in C2. Che ricordi ha di quegli anni?
A Trieste sono stato benissimo, ho una grandissima nostalgia della città: da aprile in poi si vive davvero bene, c’è il mare, un clima splendido... anche se in inverno era anche dura allenarsi tante volte. Mi dispiace solo non aver conquistato con la maglia alabardata quella promozione che poi sarebbe arrivata subito dopo. E mi dispiace trovare oggi la Triestina in serie D: un pubblico come quello dovrebbe fare come minimo sempre la serie B.
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