«Quando il piccolo Kobe mi sfidava»

Il ricordo di Giovanni Grattoni, compagno di squadra di Joe Bryant a Reggio

CORMONS

«Fin da piccolo lo vedevi sempre con il pallone a spicchi in mano. E si notava subito che possedeva un talento immenso: era talmente forte che da bambino riusciva a tenere testa a noi adulti giocatori professionistici».

Giovanni Grattoni oggi è il responsabile del settore giovanile dell’Alba basket Cormons, ma nel suo passato c’è una carriera da cestista professionista tra Pesaro, Montecatini e Reggio Emilia. E proprio a Reggio Emilia avvenne l’incontro con quello che sarebbe diventato qualche anno più tardi il più grande giocatore di basket degli anni Duemila, e che in queste ore si trova in Italia perché impegnato nelle trattative che lo vedono vicinissimo a Bologna, in quello che sarebbe davvero il colpo del secolo per la palla a spicchi italiana: «Nella stagione ’89-’90 – ricorda Grattoni – come compagno di squadra a Reggio Emilia ebbi Joe Bryant: il figlioletto Kobe aveva solo undici anni ma già si intuiva che di fronte avevamo un piccolo fenomeno. In quell’anno strinsi un forte legame con la famiglia Bryant: Joe era già allora una grande persona, e Kobe era un bambino educato e gentile. Era sempre insieme alla mamma e alle sorelle, e qualche volta papà Joe lo portava a giocare con noi: Kobe era talmente forte che nonostante giocasse contro adulti professionisti, riusciva a fronteggiarci alla pari. Era incredibile».

Joe e Giovanni rimasero compagni di squadra solo per un anno: nella stagione successiva infatti Grattoni andò alla Scavolini Pesaro e le strade con la famiglia Bryant si divisero: «Rividi Joe in occasione delle gare della stagione successiva, quando giocò contro la mia Scavolini – racconta Grattoni – e ci salutammo con un grande abbraccio: in un anno soltanto costruimmo una bella amicizia. Mi è dispiaciuto che col tempo ci siamo poi persi di vista, ma mi ha fatto un enorme piacere qualche anno più tardi scoprire che quel ragazzino pieno di talento che avevo conosciuto sui campetti di basket di Reggio Emilia era diventato uno dei più grandi campioni dell’Nba. D’altronde era un predestinato: già a undici anni aveva le movenze tecniche del papà. Come tipo di giocatore infatti Kobe assomiglia molto a Joe, e credo anche che l’esperienza italiana di sei anni lo abbia formato molto sotto il profilo cestistico: l’alto livello tecnico del basket italiano di fine anni ’80 credo abbia sicuramente influenzato il giovane Kobe nella sua crescita e formazione».

Ora Kobe potrebbe tornare in Italia vestendo per dieci gare la maglia di Bologna: «Sarebbe bellissimo – commenta Grattoni – mi farebbe un immenso piacere rivederlo oggi da noi».

Matteo Femia

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