Quell’estate che Rocco arbitrò Rivera in campo col Vesna...

Nell’agosto del 1971 la società di Santa Croce ospitò il Pallone d’Oro del Milan  e il Paron in un match “semiclandestino” riservato a pochi fortunati. Ecco le foto 

TRIESTE

«Gianni Rivera ha giocato una partita di calcio su un campo di periferia triestino».

Quella che per mezzo secolo è stata una leggenda metropolitana del Carso, alla fine, tra tanti archivi polverosi riesumati dalle cantine, consultazioni tra i ben informati e un pizzico di fortuna, è divenuta realtà. Le prove fotografiche confermano quella che è una delle storie più suggestive del nostro calcio: Gianni Rivera in campo a Santa Croce per una partita amichevole in famiglia con il Vesna. Arbitro del match? Nereo Rocco.

Siamo nell’estate del 1971. Cinquantanove anni compiuti il 20 maggio, Rocco è alla guida del Milan reduce dal secondo posto in campionato (4 punti in meno dell’Inter capitanata da Facchetti) e dalla finale di Coppa Italia persa ai calci di rigore contro il Torino del bomber Pulici.

In quella squadra rossonera, a portare la fascia di capitano è un Pallone d’Oro, campione d’Europa tre anni prima, vicecampione del mondo in carica. Si chiama Gianni, Gianni Rivera.

Il rapporto tra Rocco e Rivera, iniziato nel 1960, non parte subito col piede giusto. A inizio campionato il tecnico di Rozzol propone alla dirigenza rossonera di mandarlo in prestito altrove a farsi le ossa. Il club dice di no. E ben presto l’opinione di Rocco cambia. Il rapporto tra i due andrà ben oltre i rettangoli di gioco, si creerà una sorta di legame padre-figlio: non a caso alla morte di Rocco nel 1979, a trasportare la bara del paron ci sarà anche Gianni.

Quella del 1971 è un’estate tranquilla. La nazionale non ha impegni dato che non si disputano né Mondiali, né Europei. Rocco invita quindi Rivera a Trieste per quella che sarà una delle tante visite del fuoriclasse azzurro nel capoluogo giuliano. Di quella vacanza nel Golfo triestino oramai datata più di 49 anni fa è rimasto un pomeriggio quasi smarritosi nel tempo, ma registrato grazie alla memoria del giornalista Branko Lakovič: «Ricordo che era agosto e faceva un gran caldo. Ad un certo punto squillò il telefonò di casa. Dall’altra parte della cornetta c’era un dirigente del Vesna, la squadra di Santa Croce, che un po’ trafelato mi disse di correre al loro campo di gioco perché c’era una sorpresa: Gianni Rivera e Nereo Rocco stavano per arrivare in visita a Santa Croce! Incredulo chiusi la chiamata e corsi a prendere la mia Lambretta. Durante il tragitto mi resi conto di aver preso carta e penna, ma non la macchina fotografica: me ne rammaricai non poco».

La soffiata del dirigente dei plavi è di quelle memorabili.

Occhiali da sole, camicia bianca e pantalone scuro, Nereo Rocco cammina con estro sul campo di gioco in terra battuta. Con la maglia numero 10 della squadra della formazione “blu”, invece, c’è lui: il Golden Boy.

Ma che ci fanno il miglior giocatore d’Italia e il suo mentore a Santa Croce? «A rendere possibile quel mitico incontro di calcio fu il direttore dei magazzini Giovanni di via Ghega, il signor Giorgolo, residente a Santa Croce. Ricordo che Rivera arrivò al campo in decappottabile», racconta Silvio Bezin, cofondatore del Vesna.

«Rivera aveva degli scarpini bianchi. Giocava praticamente da fermo, eppure fece un paio di lanci millimetrici e degli stop incredibili. Aveva un modo di calciare la palla che non avevo mai visto prima dal vivo», aggiunge ancora Lakovič.

Questi i ricordi di due testimoni. Ma a parlare, oggi, sono anche le foto “saltate fuori” in seguito alla ricerca che l’asd Vesna sta compiendo per la realizzazione di un libro sulla propria storia.

Le istantanee ritraggono un Rivera 28enne mentre a petto nudo (e orologio al polso) sta per indossare la maglia di gioco dei carsolini, cambiandosi all’aperto accanto ad una baracca di legno. Il pensiero corre a oggi: ma ve lo immaginate un Cristiano Ronaldo ripetere una scena del genere? Fantascienza.

Poi le foto hanno immortalato Rivera in campo, mentre calcia un corner, con il pubblico (numeroso ma non numerosissimo visto che all’epoca non c’erano i social o i telefonini per avvisare della mega sorpresa in atto sul Carso) ad osservare estasiato il campione.

Alla fine dell’incontro, si organizzò un rebechin volante al campo, e quando Rocco propose al suo pupillo un bicchiere di terrano, Rivera rispose, quasi sconsolato: «Paròn, sapete che io bevo solo acqua minerale». Puntuale, anzi, magistrale, la replica di Rocco: «Siori, ’deso gavè capido perchè i lo ciama tuti “abatino”...». —





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