Sandro Vanello, quando il “13” giocò per la prima volta. E segnò

TRIESTE
È il 29 settembre 1968, giusto cinquant’anni fa. Cresciuto nell’Inter, Sandro Vanello - un centrocampista di Tarcento appena ventenne - è arrivato all’Hellas Verona in prestito. Quel giorno è in trasferta a Napoli e non sa che sta per entrare nella storia del calcio italiano. Sì, perché quella domenica viene introdotta una novità in qualche modo rivoluzionaria: la possibilità di effettuare un cambio anche tra i giocatori di movimento (fino a quel momento si poteva sostituire solo il portiere). E Sandro Vanello è il primo numero 13 della storia del calcio italiano a giocare, entrando al 1’ della ripresa. Ma non solo: è anche, appena una decina di minuti dopo, il primo numero 13 a segnare.
«Ho bene in mente quel pomeriggio, il mio debutto in serie A» ricorda ora Sandro Vanello, architetto con studio a Gradisca d’Isonzo e casa a Trieste («amo il mare!»), negli anni Ottanta anche presidente della Pallacanestro Gorizia. «Io ero di proprietà dell’Inter ma ero in prestito al Verona. Giocavamo in trasferta, contro il Napoli di Zoff e di Altafini. Il mio allenatore Cadè mi fece entrare dopo l’intervallo. Ricordo benissimo l’azione del gol: passaggio di Traspedini e io vado a incrociare per mettere il pallone a filo del secondo palo. Avevo battuto Dino Zoff». A proposito: quello è il gol del momentaneo vantaggio gialloblù, il Napoli pareggerà e alla fine sarà 1-1. Poi, quell’anno Vanello continua a giocare spesso con la maglia numero 13: su 18 presenze complessive - niente male per un ventenne al debutto in serie A - dodici iniziano in panchina.
L’anno successivo Vanello torna all’Inter, otto presenze e un gol, prima di essere ceduto al Palermo, dove rimane per tutta la prima metà degli anni Settanta con la maglia numero 10 e la fascia di capitano al braccio. Scrivendo pagine di storia rosanero, se è vero che pochi anni fa un referendum tra i lettori del Giornale di Sicilia lo ha eletto “miglior centrocampista del XX secolo” del Palermo. «Ma nella storia rosanero ci sono stati sicuramente centrocampisti molto più bravi di me: evidentemente però ero riuscito a entrare nel cuore dei tifosi che a distanza di tanti anni continuano a ricordarsi di me...» commenta oggi, un po’ nascondendosi, Sandro Vanello. «Cosa provo a ricordare quei momenti? Tanto piacere: sono le storie della mia gioventù, le storie di una vita spensierata. E poi quel record di cinquant’anni fa, che rimarrà per sempre...»
Una decina di anni dopo, a Gorizia, quel calciatore che già in campo faceva l’architetto divenne l’uomo del basket: c’erano la San Benedetto come sponsor, coach De Sisti in panchina... «Fu Giovanni Bigot a coinvolgermi - ricorda ora Vanello -, ma io di basket non capivo niente!» Già, non ne capiva niente, tanto che divenne perfino consigliere della Lega Basket. Ma questa è tutta un’altra storia... —
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