Super Ronaldo, è una macchina da gol A quota 762 reti sorpassa il mito di Pelé
Il numero uno è venuto fuori con un urlo alla Marlon Brando: Ronaldo, a 17 anni, resta in canottiera bianca vecchio stile e grida di fronte alla tribuna per il suo primo gol da professionista. Il numero 762 è un diagonale che lui carica e poi accompagna con lo sguardo in uno stadio vuoto. Dal primo tocco, figlio dello Sporting Lisbona, nel 2002, all’ultima stilettata, con la maglia della Juve, nel 2021: una sequenza di reti che sbalordisce. Tanto da non trovare un confronto con la storia.
CR7 ha segnato più di Pelé, dipende da come si calcola, certo, ma arrivati a sommare tutte le partite ufficiali di O Rei, giovanili escluse, cambia poco se si aggiungono i centri con la nazionale militare o con quella paulista. I canoni variano, la sostanza no. I gol di Ronaldo si possono contare e ancora di più, si possono pesare, valutare, scorporare. Se ne può fare l’analisi chimica, i 489 di destro, i 140 di sinistro e i 131 di testa. Sono sequenze fatte di statistica, collezioni assemblate su YouTube, sono inventariati, tangibili, di ognuno si può tracciare la rotta precisa e sapere chi li ha propiziati, quanto hanno inciso, a che velocità, come sono stati celebrati. Questa forza della natura, di cui si avverte fisicamente l’impatto, si contrappone a un flusso di sogni.
I gol di Pelé erano potenti, belli, determinanti quanto quelli di Ronaldo solo che non li si può raccogliere e catalogare allo stesso modo e, con il tempo, certi hanno perso il corpo, altri hanno guadagnato l’epica, così da diventare leggendari, impalpabili. Non sono i differenti paramatri che rendono i paragoni impossibili, è il materiale di cui sono fatti i gol e ogni epoca ha il suo. Funziona come la classificazione delle ere: l’età dell’oro è mitologica, quella del ferro fin troppo concreta, non sono solo secoli distanti, sono lingue diverse. Oggi il gol è un pezzo di bravura, quando Pelè giocava era una danza ed è ovvio che ieri ci volesse lo stesso talento richiesto oggi, però il contesto sposta tutto. Pelé aveva meno competizioni certificate a disposizione, meno sfide tra i migliori e le amichevoli potevano essere attese quanto una finale se l’incrocio era tra pesi massimi. Così i gol lievitano, 1283 sono quelli che si conta da solo, giusto un po’ gonfiati dall’ego, e 1279 sono quelli ratificati dal Guinness dei primati, si dice che dentro ci sia pure la rovesciata di «Fuga per la vittoria». Vai a dire che non ha lasciato lo stesso ricordo di quella che probabilmente ha portato Ronaldo a Torino. La sforbiciata in Champions, sfoderata proprio contro la Juve mentre era al Real Madrid, ha scatenato una standing ovation capace di emozionarlo. E Ronaldo non è un sentimentale, non quando si tratta delle sue reti che infatti festeggia roteando come Jeeg robot d’acciaio.
Pelé ha legato i numeri al romanticismo ed è impossibile scindere i colpi che hanno scardinato un risultato da quelli che hanno dipinto un sorriso. Persino la Fifa ci ha rinunciato e ha piazzato un asterisco dopo quota 1200, ben sapendo che con le certificazioni richieste dai loro metodi di archiviazione non si arriva nemmeno lì. Però non si va a caccia di Pelé, si va a caccia di Ronaldo che ha fatto dei record la sua cifra, perché gioca nel momento in cui essere eccezionale ha un’unità di misura. I gol incantano, però entrano pure nei contratti, quando c’era Pelé si parlava di gesti. Il punto non è più se CR7 abbia superato Pelé o lo farà la settimana prossima o mai, secondo i totali più arrotondati. Resta il fatto, inconfutabile, che Ronaldo continua a superare se stesso e arrivato alla cima del mondo, a 36 anni (li compie domani), stiamo ancora a contare. —
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