Totti lascia la Roma: «Giorno brutto Mi hanno fatto fuori. Ma tornerò»

ROMA. Da pensavo de morì primà a preferivo morire: che sia dal calcio giocato o dal ruolo di dirigente, se Totti lascia la Roma è sempre una storia di emozioni sopra le righe. Due anni fa il saluto alla maglia fu accolto dagli striscioni amari dei tifosi, questa volta è lo stesso ex numero 10 a raccontare tutta la sua amarezza nel giorno in cui sbatte fragorosamente la porta lasciando anche la carica di dirigente per uscire dalla Roma americanizzata Alle 12:41 informa ufficialmente il club via mail, poi alle 14 dal Salone d'onore del Coni annuncia quasi a reti unificate: «Ho rassegnato le dimissioni dall'As Roma». Francesco Totti si tira fuori dalla società di James Pallotta e del suo consigliere Franco Baldini. «È un arrivederci, non un addio» aggiunge però perché «se un'altra proprietà punterà forte su di me io sarò sempre pronto». A due passi dall'Olimpico, e a 18 anni esatti dal suo unico, Totti dice la sua sul rapporto con la gestione Usa. «Tutti sappiamo che hanno voluto che io smettessi. Promesse tante, ma alla fine non sono mai state mantenute. Sarò sintetico: sono stato un peso per questa società. Mi hanno dato del personaggio ingombrante, da giocatore e da dirigente. Mi hanno fatto male entrambe le cose, la seconda di più. Quando ti stacchi dalla mamma è dura... Piuttosto avrei preferito morire». «Speravo questo giorno non arrivasse mai, ma non è colpa mia» spiega Totti, collegando il suo addio alla mancanza di operatività: «Non mi hanno mai coinvolto nel progetto. Solo quando ero in difficoltà mi chiamavano, sempre all'ultimo, in 2 anni avrò fatto 10 riunioni; Mi tenevano fuori da tutto». Il bersaglio che Totti colpisce più e più volte è Baldini. «Il rapporto con lui? Non c'è mai stato e mai ci sarà. Uno dei due doveva uscire, mi sono fatto da parte io - racconta -. Non servono troppi galli a cantare. Troppe persone mettono bocca e fanno solo danni. Ma quando canti da Trigoria, non senti mai il suono. L'ultima parola spettava sempre a Londra». Totti ha cercato di incidere provando a portare in panchina Antonio Conte. «Mai mandato nemmeno un messaggio a Mihajlovic, De Zerbi, Gattuso e Gasperini. Ho chiamato solo Conte, ci ho lavorato con Fienga. Ci siamo detti 'l'unico che può cambiare la Roma è luì. Ci aveva dato l'ok, ci siamo visti e sentiti parecchie volte». E Totti è fuori dalla Roma. «Non ho chiesto soldi, né mai di comandare tutto. Ho chiesto di dare un contributo e di metterci la faccia. Ma se gli altri scelgono il direttore sportivo e l'allenatore, e non mi chiamano, che direttore tecnico sono? - si domanda ancora Totti -. Con Pallotta ho parlato a quattr'occhi solo due anni fa quando ho smesso. Se qualcuno mi ha pugnalato dentro Trigoria? Sì, ci sono persone che non vogliono che sia là dentro, che fanno il male della Roma, e Pallotta si fida di loro. Baldissoni? Mi ha aiutato indicandomi la strada. Non so dove, ma mi ha direzionato...». Insomma, per Totti le indicazioni provenienti da Trigoria e Londra non hanno aiutato Pallotta. «Ma io lo ringrazio perché mi ha fatto restare dandomi la possibilità di conoscere un'altra realtà da dirigente».



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