La Triestina in emergenza cambi pareggia 1-1 con l’Ospitaletto
L’Unione tiene testa con orgoglio e sfiora la vittoria con un palo nel recupero. Gunduz croce e delizia: autore del gol del vantaggio, poi viene espulso

Moretti colpisce il palo, l’arbitro fischia la fine, i ragazzi della Triestina crollano a terra applauditi da Marino, dai 400 del Rocco e lo avrebbero fatto anche quelli rimasti fuori a protestare. Un applauso nel silenzio al 94’ di una partita giocata con il cuore che suona come una stilettata a chi in società il cuore non ce l’ha.
La Triestina ha conquistato un punto con l’Ospitaletto. Anzi ne ha persi due ma solo perché Marino in panca aveva solo baby e qualche adulto giù di condizione.

Sono gli effetti della mancata fideiussione integrativa che hanno messo out i nuovi arrivati. Ai -5 dell’ultima stagione, ai -7 di questa, ai -X che arriveranno, è doveroso ascrivere alla società anche questo -2 sul campo. Perché nell’epoca dei cinque cambi non si può non averne e su questo fronte Marino passerà alla storia. Anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Il peso della fatica
Il pomeriggio del Rocco ha messo in mostra due partite. Quella giocata fino al 70’ da una Triestina aggressiva, ben messa in campo dal suo tecnico che non è più una sorpresa e capace di andare in vantaggio con una rete su azione firmata da Gunduz tanto elementare quanto pregevole.
Poi si è spenta l’energia nelle gambe dei giocatori penalizzati anche dalla giusta seconda ammonizione inferta al talentuoso ma irrequieto Gunduz (i giovani sono anche questo). L’Ospitaletto ha potuto usufruire di uomini freschi, la Triestina del solo Vicario per un pugno di minuti.
E così, dopo il pari, l’Unione deve ringraziare il balzo di Matosevic sul rigore concesso con l’ausilio del video (Fvs) per un fallo di D’Urso. La sconfitta quasi scritta, sarebbe stata una punizione troppo pesante per questa Triestina.
Gol ma non solo
Non si può non partire dal fatto che Marino, oltre ai nuovi arrivati) non ha a disposizione Ionita e Attys impegnati con le rispettive nazionali. E così si inventa un Moises (ultima stagione al Chions in D e non da protagonista) nella difesa a tre, mette Tonetto a destra a piede invertito con Pedicillo e Gunduz a fare da mezze ali. Qualche leggero sbilanciamento in mediana in fase di non possesso ma per il resto è l’Unione a dettare i ritmi.
Non a caso D’Urso impegna severamente Sonzogni mentre gli ospiti si fanno vivi in poche circostanze dalle parti di Matosevic e senza riscaldargli le mani. Lo fa invece al portiere bresciano una foirte stoccata di Vertainen su calcio di punizione dai venti metri. La rete è la logica conseguenza di quanto si vede in campo: Vertainen apre per Tonetto, inserimento di Pedicillo e palla a riomrchio per la stoccata fulminea di Gunduz.

Il calo progressivo
Al ritorno dagli spogliatoi l’Ospitaletto prova a far vedere qualcosa di più rispetto al poco fatto nei primi 45’. La Triestina però è compatta e regge l’urto anche se è evidente come Anzolin a sinistra cominci a dare segni di scarsa lucidità. Gli stessi segnali si notano anche in Gunduz e Pedicillo. L’Ospitaletto si avvale di forze fresche ma riesce a sfondare solo dopo l’espulsione di Gunduz (’30). Passa un minuto infatti e il colpo di testa di Gualandris trafigge Matosevic.
Il finale in salita
La bilancia della gara, anche sul piano psicologico, pende dalla parte degli ospiti. L’arbitro non vede un fallo di D’Urso in area, lo vede la telecamera. Sembra tutto perduto eppure Matosevic si getta sulla sua destra e intercetta la conclusione di Messaggio. C’è da stringere i denti ancora per una decina di minuti. Questa Unione ha le generosità per farlo e così nel recupero sfiora anche la vittoria con il diagonale di Moretti a infrangersi sul palo.
Certo per tentare di risalire bisogna vincere e l’Unione non c’è ancora riuscita. Ma questa prestazione, come le due precedenti, confortano. Perché la Triestina, pur così menomata, non è inferiore al momento alle avversarie. L’impresa di risalire è proibitiva ma la voglia, la dignità e anche la professionalità nel calcio hanno un peso. Nell’auspicio ma senza la certezza che la società, ora in fase di passaggio, non continui a rovinare quanto costruito con fatica dalla squadra.
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