Zico racconta il suo mondo «Il calcio è divertimento»

UDINE. «Il calcio è gioia, il calcio è divertimento. Certo può essere anche una professione, ma sottolineo "anche". Ricordatevi di questo: come diciamo noi in Brasile, il calcio è allegria».
Arthur Antunes Coimbra, ma per tutti semplicemente Zico, è stato ed è uno dei più grandi calciatori di sempre, che Udine ha avuto la fortuna di veder giocare in bianconero tra il 1983 e il 1985.
Il suo segreto? Sta tutto in quelle parole: il calcio, per lui, è allegria. La sua missione? Trasmettere al pubblico, a tutto il pubblico, non solo ai tifosi della sua squadra, quell'allegria.
E in questi giorni Zico è tornato in Friuli per un tuffo nei ricordi tra gli amici di oltre trent'anni fa. E si è raccontato in una lunga e calorosissima conferenza stampa.
Zico, dal Flamengo all'Udinese: come accadde che un grande campione arrivasse in una piccola squadra italiana di provincia?
I regolamenti, all'epoca, prevedevano che se io avessi firmato il rinnovo con il Flamengo alla scadenza poi sarei stato svincolato. La società preferì quindi cedermi in quel 1983 in modo comunque da guadagnare. E l'Udinese fu brava a mettersi d'accordo con la mia società, mentre Edinho, che già giocava a Udine e che era mio compagno in nazionale, mi convinceva raccontandomi la città, l'ambiente.
A Udine però poi non vinse niente…
Il primo anno arrivammo a giocarci l'accesso in coppa Uefa all'ultima giornata contro il Milan. Io mi infortunai appena iniziata la partita, Edinho era fuori a sua volta per infortunio… Allora non c'erano le panchine lunghe come oggi, e perdemmo. L'anno dopo poi io mi infortunai, saltai tantissime partite. Ma era anche successo che il ds Dal Cin litigò con il presidente Mazza e se ne andò. Noi giocatori fummo lasciati soli: la squadra era da primi posti, ma non lo era la società. E a quei livelli la società conta molto. Non c'era certo l'organizzazione che vedo qua adesso, dovevamo pensare a tutto noi giocatori. Allora ancora un po' nemmeno avevamo le docce che funzionavano al vecchio stadio Moretti dove ci allenavamo…
Eppure con Udine è rimasto un legame speciale.
Mi avevano detto che era una città dal carattere freddo, senza calore. E invece io dico che non è vero. Qui sono stato benissimo, sia io che la mia famiglia qui abbiamo passato due anni stupendi. E l'Udinese è diventata una delle mie squadre del cuore, assieme al Flamengo e al Kashima, la squadra giapponese dove poi ho chiuso la carriera e ho anche allenato. Per me è sempre una gioia tornare qua.
Non ha vinto in Italia e non ha vinto a causa dell'Italia: mondiale 1982, Brasile-Italia 2-3. Immaginiamo sia un ricordo doloroso.
No, doloroso no, i dolori nella vita sono altri. Rammarico, piuttosto. Io ho fatto tre mondiali, in cui ho perso una partita sola e non sono mai arrivato in finale. Incredibile, ma vero. In Spagna quella partita con l'Italia doveva essere la finale, e invece… Noi eravamo certamente più forti, ma a ogni nostro errore Paolo Rossi ci fece un gol!
Oggi lei fa il commentatore tv: le piace il calcio che vede?
Io non sono una persona che vive di nostalgia però se parliamo di calcio dico che oggi non vedo nei giocatori la qualità tecnica che c'era una volta. Oggi si gioca un calcio molto fisico e molto tattico, ma non è il mio calcio: si pensa innanzitutto a non prendere gol, mentre invece secondo me si dovrebbe piuttosto pensare a fare gol, il gol è l'essenza del calcio. E poi adesso un ragazzo si valuta dal fisico, non da come gioca il pallone. Se penso a come ero io a 12 o 13 anni e ai provini di oggi, mi sa che non li avrei superati…
Come valuta il momento del calcio italiano?
I risultati della nazionale o delle squadre in Champions parlano da soli, solo la Juventus oggi è all'altezza della storia e della tradizione del calcio italiano. I grandi campioni sono in Spagna, in Inghilterra, in Germania. E con gli ultimi passaggi di proprietà dei grandi club temo che si perda anche un po' di identità.
E il futuro di Zico quale sarà: c’è qualche panchina all’orizzonte?
Perché no, ma non in Brasile: non potrei mai affrontare da avversario il mio Flamengo. Ma non mi dispiace anche fare solo il commentatore tv: ho tanto tempo libero, posso godermi la famiglia e i nipotini dopo troppi traslochi nella mia vita.
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