«Allarme sicurezza»: a Lubiana l’opposizione accende il dibattito

Il partito NSi attacca dopo alcuni episodi, come un omicidio apparso di stampo mafioso. Replica secca del ministero

Stefano Giantin

La Slovenia? Un Paese piccolo, a misura d’uomo, tranquillo, sicuro. O forse non più, per l’inazione delle autorità al potere che non avrebbero addirittura più il polso della situazione in tema di sicurezza. È questa la cornice della diatriba che da giorni sta tenendo banco a Lubiana. A dar fuoco alle polveri Nuova Slovenia (NSi), partito di opposizione che ha denunciato apertamente che la polizia slovena non avrebbe più il controllo dell’ordine pubblico nel Paese, con la richiesta di una convocazione urgente del comitato parlamentare agli Affari interni.

Un misterioso omicidio

A parlare è stato l'alto esponente di Nuova Slovenia al Parlamento di Lubiana, Janez Cigler Kralj, che ha citato svariati recenti episodi a corroborare l’allarme del suo partito. Fra questi un misterioso omicidio, avvenuto il 29 novembre all’estrema periferia della capitale, apparso subito come un regolamento di conti di stampo mafioso. A cadere sotto i colpi dei killer era stato un cittadino dal passaporto bosniaco, freddato mentre era alla guida della sua auto. A rendere più fosco il caso, le voci circolate sui media sloveni che la liquidazione fosse stata annunciata in anticipo, con l’affissione di poster con l’immagine dell’uomo poi eliminato e la scritta «vivo o morto».

Il narco-clan

Chi era, il morto? Secondo la Tv pubblica slovena sarebbe stato un membro o affiliato del potente narco-clan montenegrino dei Kavac, da anni in guerra – sanguinosa e senza esclusione di colpi – coi nemici Skaljari. E la tv di Stato di Lubiana ha ricordato che l’ultimo omicidio è avvenuto mentre a Lubiana si tenava un processo relativo proprio al clan Kavac. Non si è trattato del primo caso del genere, dato che altre due persone, sospettate di appartenere ai Kavac, erano state liquidate proprio in Slovenia negli anni scorsi.

Scene da film

Comunque stiano le cose, «vorremmo sapere cosa sta accadendo nella polizia slovena», perché omicidi del genere e sangue sulle strade «sono scene da film che ora si vedono anche da noi», ha sostenuto Cigler Kralj. Che è andato oltre, accusando il premier Robert Golob di essersi lasciato andare a dichiarazioni controverse e inopportune che avrebbero suggerito una scarsa fiducia da parte dell’esecutivo proprio nei confronti delle forze dell’ordine di Lubiana. Ordine, a Lubiana, che sarebbe stato minato anche da altri episodi discutibili. Tra questi, un raduno di centinaia di persone, con passaporto albanese, scese in piazza a Lubiana – in una manifestazione non autorizzata – per celebrare la Giornata dell’indipendenza albanese sventolando bandiere rosse e nere con l’aquila bifronte, persino sparando in aria colpi a salve, oltre che fumogeni e fuochi d’artificio. Protagonisti, anche giovanissimi, alcuni col volto coperto da passamontagna, con video dei “festeggiamenti” che hanno scioccato molti, a Lubiana. Una manifestazione «non annunciata, non autorizzata e illegale», ha stigmatizzato l’NSi. Il partito ha messo sul tavolo anche una presunta mancanza nella polizia di coordinamento e di potenziali problemi di sicurezza legati alla minoranza rom.

Inchieste in corso

La polizia slovena «fa il suo dovere professionalmente e secondo la legge» e gli sloveni devono «sentirsi sicuri», è stata la replica secca del ministero degli Interni di Lubiana. Che ha assicurato che gli episodi citati da NSi sono al centro di inchieste, e che gli episodi criminosi sono in linea col passato mentre gli ingressi di migranti sono in calo costante. La questione ora è però soprattutto politica: l’ennesima strategia per mettere in difficoltà un governo già indebolito come quello di Golob. E forse a ragione, perché secondo un nuovo sondaggio il 50% degli sloveni pensa che effettivamente la situazione sicurezza sia deteriorata.

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