Lo storico cantiere navale Scoglio Olivi di Pola verso il rilancio come fabbrica militare
Ma è polemica dopo la conferma delle voci sulla riconversione del cantiere navale. Il sindaco: «Errato puntare sulla produzione di armi. La nostra è una città di pace»

Sta scatenando un aspro dibattito l’ipotesi di riconvertire lo storico cantiere navale Scoglio Olivi (in croato Uljanik) per la produzione di materiale bellico in un contesto internazionale caratterizzato da una crescente domanda di armamenti. Sarebbe un passaggio che segnerebbe il rilancio dello stabilimento dopo una crisi che dura da circa 7 anni.
La voce, circolata inizialmente come indiscrezione, è stata confermata da alcune fonti interne e rilanciata da media nazionali. Secondo quanto trapela, nelle scorse settimane rappresentanti del Ministero della Difesa e potenziali partner stranieri avrebbero visitato l’area per valutare la possibilità di avviare la costruzione di navi leggere, equipaggiamenti logistici e altri materiali destinati all’industria bellica europea. La posizione strategica del porto e le infrastrutture già esistenti rendono il sito particolarmente interessante da questo punto di vista. Un’ipotesi che se realizzata segnerebbe una svolta epocale per lo stabilimento e per la città.
Il primo a prendere posizione è stato il sindaco Pedja Grbin, che ha scelto parole inequivocabili per esprimere contrarietà: «Comprendo la necessità di garantire un futuro occupazionale al cantiere, ma trasformarlo in un sito per la produzione di armi non è la risposta. Pola ha una tradizione industriale e marinara, non militare. Non possiamo accettare che il cuore della nostra città diventi una fabbrica di guerra». «Un simile progetto – ha aggiunto – avrebbe un impatto profondo sull’immagine internazionale di Pola, città turistica e storicamente aperta al dialogo. Abbiamo costruito un’identità basata sulla cultura, sull’accoglienza e sulla pace. Stravolgerla per ragioni economiche di breve periodo sarebbe un errore storico».
Dal canto loro le associazioni della società civile temono che l’arrivo della produzione bellica possa trasformare la città in un obiettivo strategico e cancellare ogni prospettiva di rilancio turistico e ambientale dell’area portuale. Diverse associazioni pacifiste hanno già annunciato manifestazioni pubbliche e raccolte firme contro il progetto.
A livello politico, le reazioni sono contrastanti. Alcuni esponenti della maggioranza governativa vedono nella riconversione militare un’opportunità per riportare lavoro stabile in un’area devastata dalla deindustrializzazione. Si parla di centinaia di nuovi posti qualificati e di investimenti per ammodernare le strutture. «Meglio un cantiere vivo, anche militare, che rovine abbandonate – ha commentato il deputato istriano Anton Kliman dell’Accadizeta, il partito del premier Andrej Plenkovic –. Ad ogni modo la conferma delle voci dovrebbe arrivare nell’ assemblea degli azionisti dello Scoglio Olivi fissata per il 17 ottobre quando in agenda ci sarà l’ampliamento della produzione in direzione proprio del settore militare. —
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