Il voto in Croazia, Milanović lanciato verso la riconferma: consensi al 49,1%
Si delinea un exploit superiore alle attese per il Capo dello Stato uscente. Il ballottaggio del 12 gennaio sembra a questo punto solo una formalità
È una vittoria che va al di là di ogni aspettativa quella che ha incassato ieri sera il capo di Stato uscente Zoran Milanović alle elezioni presidenziali croate. Con un sonoro 49,12% dei voti, il socialdemocratico ha praticamente annientato la concorrenza. Il dato (aggiornato a oltre il 99% delle schede scrutinate) non permette solo per pochissimi voti a Milanović di rimanere nella sua residenza di via Pantovčak (lo stesso edificio che accolse Tito fino al 1980) saltando a piè pari il ballottaggio previsto per il 12 gennaio.
Ma il secondo turno tra due settimane dovrebbe essere una pura formalità, anche perché Dragan Primorac, l’ex ministro dell’Educazione che è stato indicato come candidato dal partito conservatore del premier Andrej Plenković (Hdz), è arrivato secondo con appena il 19,38% delle preferenze. In terza posizione si è piazzata la deputata cattolica e conservatrice Marija Selak Raspudić con il’9%, seguita dalla collega progressista e ambientalista Ivana Kekin con l’8,8%. Gli altri quattro candidati, diversi dei quali sconosciuti al grande pubblico, sono rimasti tutti sotto la soglia del 5%.
Alla vigilia del voto, Zoran Milanović era dato ampiamente in testa nei sondaggi, ma non così tanto. Ecco che gli analisti politici, ieri sera, hanno interpretato l’exploit del capo di stato socialdemocratico come una sconfitta netta per il premier Plenković e il suo partito. L’affluenza, che si è fermata al 46% circa, risulta ancora più bassa nelle regioni che tradizionalmente votano a destra: la Dalmazia e la Slavonia.
Al contrario, a Zagabria e nel nord del paese, tradizionali bacini di voti del centrosinistra, il tasso di partecipazione è stato superiore alla media. Ma c’è anche un altro fattore: degli otto candidati che sono riusciti a raccogliere le 10 mila firme necessarie per partecipare all’elezione, sei si rivolgono alla destra. L’elettorato di riferimento di Dragan Primorac è stato insomma spezzettato tra tante candidature. Tuttavia, anche riuscendo a recuperare tutti i voti andati al primo turno ai candidati conservatori, Primorac rimarrà molto probabilmente lontano da Milanović anche al secondo turno.
La Croazia si avvicina insomma ad un secondo mandato del “Trump dei Balcani”, com’è stato definito dalla stampa internazionale il capo di Stato croato. Milanović si è fatto notare non solo per la sua retorica incendiaria e per le sue amicizie discutibili per un socialdemocratico (Viktor Orban, Milorad Dodik…), ma anche per la scelta di guidare in prima persona la coalizione di centro-sinistra alle elezioni legislative di aprile. Nonostante la Corte costituzionale gli avesse intimato di dare le dimissioni dalla carica di presidente qualora volesse avere un ruolo di primo piano nella corsa elettorale, Milanović ha preferito continuare a far campagna rimanendo al suo posto. E dopo la sconfitta del centro-sinistra, il capo di Stato ha accolto Andrej Plenković e gli ha conferito un terzo mandato da premier senza battere ciglio.
Cosa aspettarsi allora da un secondo mandato Milanović? Innanzitutto va detto che in Croazia, il capo dello Stato non ha poteri esecutivi. Il presidente è comandante supremo delle forze armate e ha alcune prerogative particolari in diplomazia e in politica estera, così come nella nomina del direttore dell’agenzia di intelligence croata. Milanović, già nel suo primo mandato, ha mostrato di voler sfruttare al massimo il ruolo che gli è assegnato (anche violando la costituzione di cui è garante), mentre dal punto di vista geopolitico non ha celato critiche a Nato e Unione europea, opponendosi all’invio di armi in Ucraina. Un suo secondo mandato si annuncia ricco di nuovi colpi di scena. —
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