In Kosovo chiusi altri uffici della comunità serba
Nuova operazione della polizia per mettere i sigilli sulle «istituzioni parallele». Attività interrotta con la forza in decine di sedi, a cominciare dalle filiali postali

Un’altra operazione controversa e potenzialmente assai rischiosa, soprattutto perché arriva a poche settimane da un importantissimo voto, le parlamentari. È quella osservata mercoledì 15 gennaio in Kosovo, dove la polizia di Pristina ha sguinzagliato uomini e mezzi in una nuova massiccia azione contro le “strutture parallele” fedeli a Belgrado, questa volta non nel nord a maggioranza serba, bensì nel resto del Paese.
Uffici chiusi con la forza
Il bilancio dell’operazione di ieri parla di svariate decine di uffici di istituzioni municipali serbe, delle imposte e filiali delle Poste di Belgrado chiuse con la forza, i sigilli sugli ingressi, in numerose enclave a sud del fiume Ibar, come Gracanica, la più popolosa, ma anche Kosovo Polje, Lipljan, Vucitrn, Orahovac e altre località minori abitate da serbi. «L’era delle criminali istituzioni parallele serbe» in Kosovo «è terminata», ha annunciato così dopo l’operazione il ministro degli Interni kosovaro, Xhelal Svecla. «Come promesso, non permetteremo che la Serbia violi la Costituzione e le leggi del nostro Paese», ha aggiunto.
Al bando il dinaro serbo
Una settimana fa un’analoga operazione aveva costretto alla chiusura anche uffici dell’amministrazione fiscale serba a Mitrovica Nord oltre a una filiale di una grande compagnia di assicurazioni con base a Belgrado. In precedenza Pristina aveva invece messo al bando il dinaro serbo e imposto la cessazione delle operazioni di banche, poste, centri di assistenza sociale riconducibili a Belgrado in tutto il nord del Kosovo. L’estensione del pugno di ferro anche al resto del Paese ha fatto insorgere la leadership serba. Si tratta di una «pericolosa escalation», ha così denunciato il ministro deglIi Esteri serbo, Marko Djuric, che ha stigmatizzato l’intervento della polizia kosovara come un «palese tentativo di minare i diritti collettivi e l’esistenza stessa dei serbi in Kosovo», mentre il presidente Aleksandar Vučić ha parlato di «terrore» imposto da Pristina sui serbi.
In 1100 hanno perso il lavoro
«Gli agenti sono arrivati in ufficio e ci hanno informato che non potevamo più lavorare», ha raccontato Novak Zivic, impiegato di un’istituzione serba a Pristina, alla Tv pubblica di Belgrado. «Ci hanno chiuso finché non presenteremo una richiesta per il rilascio di una licenza», ha spiegato da parte sua l’alto funzionario delle Poste serbe, Ivan Milojevic. A pagare saranno oltre 1.100 serbi, che da ieri hanno perso il lavoro, ha poi denunciato Belgrado, bollando il tutto come «operazione fuorilegge».
Dialogo Serbia-Kosovo in stallo
Inevitabili le ricadute sul dialogo Serbia-Kosovo, da tempo in stallo. In segno di protesta è saltato il tavolo della Commissione mista sulle persone scomparse, in programma a Bruxelles sotto l’egida dell’Inviato speciale Ue, Miroslav Lajcak, con la delegazione di Belgrado che «ha comunicato di non partecipare alla riunione congiunta a causa degli sviluppi in Kosovo», ha fatto sapere Lajcak. Sviluppi che non sono piaciuti nemmeno ai più stretti alleati di Pristina, con l’ambasciata Usa in Kosovo che, citata dal Gazeta Express, ha parlato di «azioni» prese «contro i nostri consigli». Critica anche la Ue.
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