A Belgrado risorge il “Bodrog”, nave che iniziò la Grande guerra

BELGRADO Un pezzo di storia è stato riconsegnato all’Europa senza clamore. Risponde al nome di “Bodrog”, nave militare di costruzione austro-ungarica che sparò i primissimi colpi della Grande guerra contro Belgrado, nella notte del 28 luglio 1914, la prima del lungo conflitto. Ebbe poi una vita avventurosa, attraversò un'altra guerra, quattro cambi di bandiera, prima di essere cannibalizzata, abbandonata e dimenticata. Ma non per sempre. Per quella cannoniera di 115 anni è infatti iniziata in questi giorni una vita nuova.
Dopo esser stata sottoposta a un lungo restauro grazie all’intervento dello Stato serbo, mossosi nel 2015 dopo che l’anno prima era stato denunciato lo stato disastroso del natante, è tornata a Belgrado. Ed è ora ormeggiata sulle sponde della Sava, in una piccola base della marina militare fluviale. Nave, oggi ribattezzata “Sava” – il nome che ricevette dopo esser stata catturata dai serbi durante la Prima guerra – che è tornata quasi del tutto all’antica forma, almeno esteriormente, con i due cannoncini, la torretta con il timone in bella vista, il lungo fumaiolo, dipinta di un bel bianco candido, su cui risalta il nuovo nome sulla fiancata. Alle spalle ha una storia lunghissima. Ordinata da Vienna nel 1903 e consegnata già l’anno successivo da cantieri magiari, funse da “monitore” nella temibile flottiglia imperiale del Danubio. «Monitorschiff der K.u.K. Marine» che venne catturata dai serbi, rinominata “Sava”, prestò onorevole servizio nel nuovo Regno di Jugoslavia, fu successivamente catturata e consegnata agli ustascia croati dopo l’invasione tedesca. Finita la Seconda guerra, servì la Jugoslavia di Tito, prima di essere messa in pensione a inizio Anni Sessanta.
Da lì il lungo declino della nave, prima della sua ultima resurrezione, nel 2019. Resurrezione che è importante per «l’intero patrimonio culturale mondiale», si tratta di un reperto «unico», conferma lo storico Dejan Ristić, ex segretario di Stato serbo alla Cultura, fautore del restauro della nave, operato tra 2017 e 2018 nei cantieri navali di Apatin, con fondi statali. Nave, continua lo storico, che è «un simbolo di guerra, di sofferenza», ma per per Belgrado anche «di coraggio». Pure per questo il Bodrog è stato rinominato Sava, il suo secondo nome e quello più a lungo usato. Lo si è fatto per onorare i serbi «che la catturarono durante la Prima guerra ed è insieme un simbolo di vittoria», in un conflitto che la Serbia pagò a carissimo prezzo in termini di sofferenze e distruzioni, spiega Ristić, ricordando che casi di imposizione di un nuovo nome sono comuni, con gli Stati trionfatori che ribattezzano le prede di guerra.
«Nave che non rimarrà “parcheggiata” nel porto militare sulla Sava, lontana dallo sguardo di belgradesi e turisti. Il piano è infatti quello di trasformarla in un «museo all’aria aperta, con i miei colleghi del ministero della Difesa che stanno ora allestendo una mostra permanente» e si sta lavorando anche alla ricerca o ricostruzione degli oggetti che un tempo erano custoditi nella nave. Sarà un processo lungo e complicato. Ma «l’importante è che ora una nave che ha fatto la storia sia «salva». Per sempre. —
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