A Lubiana la Rivolta dei fiori “appassiti”

TRIESTE. Effetto tepore di primavera o effetto Bratušek? La Rivolta dei fiori ieri a Lubiana sembra aver perso smalto. Sicuramente proseliti, visto che a protestare nelle piazze e strade della capitale slovena c’erano sì e no 3mila persone (l’ultima manifestazione 15mila). Ma, a parte qualche “zombie” sopravvissuto alle manifestazioni invernali, il tutto si è colorato di un’atmosfera diversa, da Giorno della rivolta all’occupatore nazi-fascista che proprio ieri si è celebrata in tutti gli Stati della ex Jugoslavia. Fin dall’inizio in Kongresni trg nel centro di Lubiana inizia a sventolare una bandiera della defunta Federativa, e poi bustine da partigiano sul capo con tanto di fazzoletti rossi al collo dei più piccoli (pionieri di Tito?). E poi il coro partigiano di Trieste Pinko Tomaži› a intonare “na juriš” (all’attacco) in un incalzante suono di fisarmoniche. La gente va in visibilio, applaude, si stringe attorno al coro e canta con i coristi triestini in rigorosa cravatta rossa.
Sarà il maxi-ponte con il 1 maggio, sarà che il nemico numero uno oramai è un ex nemico (leggi Janez Janša), sarà che il nuovo governo sembra aver ripreso saldamente in mano le redini delle istituzioni pur prospettando nuove manovre lacrime e sangue per i cittadini sloveni, ma ieri a Lubiana più che rabbia si respirava un’aria da grigliata. Anche i poliziotti avevano un volto rilassato, quasi sorridente. Per loro niente fiori stavolta ma neppure preoccupazioni. Loro che da giorni stanno attuando uno sciopero bianco proprio contro i tagli del governo che sta provocando lunghe code ai confini con la Croazia.
A cercare di serrare i ranghi ci hanno pensato i leader della protesta che davanti al Municipio di Lubiana hanno letto il “manifesto” della Rivolta dei fiori in cui si chiede di fare i conti con la corruzione e con il clientelismo, di scovare i conti correnti all’estero, soprattutto nei paradisi fiscali risultato di operazioni criminali ai danni dello Stato e della società slovena e si vuole che i politici entro sei mesi si presentino davanti alla fiducia popolare per andare quindi al voto.
Il corteo quindi si snoda lungo le strade della capitale. Si fischia, si suona, si canta e si balla. Slogan contro il capitalismo contro lo strapotere della finanza, contro il Grande fratello dell’economia globale, qui si vuole un’economia solidale, si chiede che lo Stato rilanci l’agricoltura slovena, basta con le multinazionali del cibo, mangiamo sano, mangiamo sloveno e mangiamo anche a buon prezzo. L’immancabile bandiera della Jugoslavia sventola assieme a quelle della rivolta, bianche con un pugno nero al centro. E lei, la bandiera della Federativa è sempre là, in prima fila quando in Trg Republike, davanti al Parlamento e alla sede della Nova Ljubljanska Banka un po’ l’icona del fallimento del turbocapitalismo alla slovena, i manifestanti danno fuoco a uno striscione. La protesta è finita, andate in pace.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo