A San Giacomo l’ultimo lavatoio

di Fabio Dorigo
«È l’ultimo lavatoio che rimane a Trieste» scandisce lentamente Fabiano Mazzarella, presidente dell’Amis, ovvero Amici delle iniziative scout, associazione onlus. L’ultimo. Poi si rischia l’estinzione. Per questo, forse, va salvato. Si trova in via San Giacomo in Monte 9 ed stato preso sotto la tutela degli scout in attesa che le istituzioni battano un colpo. L’altro giorno è stato riaperto sotto forma di “museo” da parte dell’Amis in modo quasi provocatorio con tanto di taglio del nastrino tricolore. «Ci scusiamo per come si presenta la struttura, na non possiamo accollarci le spese per le opere di ristrutturazione. Quelle che vedete ha pesato notevolmente sulle spese dell’associazione, se in futuro troveremo altri finanziamenti è nostra intenzione proseguire nel progetto di riqualificazione dell’area (offerto dall’architetto Mirna Drabeni)» si legge all’ingresso del “museo” ex Lavatoio di San Giacomo.
Non c’è molto da vedere, in effetti, nel nuovo museo realizzato dai volontari dell’Amis in collaborazione con il museo etnografico. Alcune mostre permanenti “riciclate” che raccontano la “Trieste com’era” (riproponendo le stampe del Piccolo), la storia industriale della Modiano, la fabbrica Pollitzer di saponi Adria (“quelli che ti salvano il corredo e ti mantengono le mani affascinanti”). Ma soprattutto ci sono i pannelli che raccolgono alcune testimonianze sul lavatoio e sul mondo dei lavatoi già allestiti all’ostello scout di Prosecco nel maggio 2009 e frutto del lavoro di due volontari del servizio civile: Francesco Detela e Silvia Persi. E soprattutto ci sono ancora integre la trentina di vasche coperte quasi intatte sotto un porticato di colonnine di ghisa di inizio Novecento. «Non sapevo neppure che esistesse - ha confessato l’assessore alla Cultura, Andrea Mariani, intervenuto all’inaugurazione -. Lo scopro ora. È davvero bello. Le colonnine di ghisa mi ricordano quelle del Porto Vecchio. Deve essere valorizzato». Motivo in più forse per metterci un vincolo vero visto che, oltre ai magazzini del vecchio scalo e all’ex Pescheria, l’ha ottenuto anche il Magazzino Vini. Il pedigree austroungarico dell’ex lavatoio di San Giacomo è certificato. Si legge nella storia dei lavatoi: «Con il potenziamento della rete idrica cittadina venne maggiormente considerata l’igiene pubblica; anche San Giacomo fu dotato dello stabilimento per i bagni pubblici di via Veronese e nel 1904, in via San Giacomo in Monte, di un lavatoio con acqua corrente e una trentina di vasche, già all’epoca del tutto insufficiente per gli aumentati bisogni del quartiere, al punto che nel 1935 venne affiancato dal più grande e moderno lavatoio di via Ponzianino, dotato di 72 vasche in cemento e dal 1938 di una caldaia per l’acqua calda». Quest’ultimo, situato tra San Giacomo e via Molino a Vento) è stato eliminato attorno al 1990 per fare posto a un nuovo complesso edilizio. Uno noto era situato dietro Piazza Oberrdan e ha dato anche il nome a una strada: via del Lavatoio appunto. Quello di San Giacomo è l’unico sopravvissuto in città (uno di rovinato è segnalato a Santa Croce e un’altro restaurato a Muggia). L’unico a tenere in vita la memoria delle “lavandere” e della “lissia”. Grazie alla “buona azione” degli scout.
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