A San Michele dove il carnevale è una sfida tra Pepeljharji, Fant e Pupa

SAVOGNA San Michele del Carso ha rinnovato una tradizione antichissima, una festa pagana che ha a che fare con paure e superstizioni, auspici e rituali. Per tutta la giornata di ieri è stato invaso...
Bumbaca Gorizia 21.02.2012 Carnevale San Michele - Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 21.02.2012 Carnevale San Michele - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

SAVOGNA

San Michele del Carso ha rinnovato una tradizione antichissima, una festa pagana che ha a che fare con paure e superstizioni, auspici e rituali.

Per tutta la giornata di ieri è stato invaso da un piccolo esercito di mostri e personaggi misteriosi. Maschere belle e maschere brutte, come succede ogni anno, dalla notte dei tempi, anche in altre sperdute realtà delle Valli del Natisone, dell'arco alpino o della vicina Slovenia. Tradizioni sopravvissute alla modernità. Solo che a San Michele del Carso la festa è regolata da codici precisi ed antichissimi. Vi possono prendere parte direttamente solo gli uomini, quelli non sposati per la precisione, dai 14 anni in su. Le ragazze, quelle no, ed al massimo possono contribuire alla preparazione della festa e dei travestimenti, cucinare o aiutare i ragazzi. «La tradizione vuole che questa festa sia una sorta di lotta tra il bene ed il male, o meglio tra l'inverno, con tutte le sue cose negative, e la primavera in procinto di arrivare – racconta la giovane Viljena Devetak, che in prima persona studia e si impegna per approfondire la conoscenza di questa antica cerimonia -. I personaggi malvagi sono ad esempio i Pepeljharji, mostri che girano le strade del paese armati con delle calze piene di cenere. E con queste colpiscono i passanti, specialmente i bambini, sporcandoli, simboleggiando le cose brutte dell'anno vecchio. Ancora, ci sono il vecchio e la vecchia, con i loro bastoni, il gobbo, e la morte». I buoni, invece, sono il Fant e la Pupa, letteralmente il ragazzo e la ragazza, vestiti di bianco e con due grandi cappelli colorati. Simboleggiano la primavera. Questi i personaggi principali. A sera, dopo una giornata di scorribande e visite nelle case del paese, ecco la cerimonia finale: in strada una barricata divide le figure malvagie, da una parte, e gli uomini sposati, dall'altra, che cercano di impedire ai primi di passare. Fino all'arrivo del cacciatore, che con degli spari in aria “uccide” i cattivi e permette al Fant ed alla Pupa, ovvero alla primavera, di rompere la barricata ed entrare finalmente a San Michele del Carso. Ed ecco che un grande ballo coinvolge tutti, persino i Pepeljharji purificati, nella festa del paese. Suggestioni e simbologie forti, queste, che nel nuovo millennio parlano ancora di un passato lontano. Tanto che da anni, sul Carso, salgono anche studiosi importanti, come l'etnografo friulano Roberto Dapit, per capire ed approfondire. E per far si che la tradizione e la sua ricchezza non vadano perse.

Marco Bisiach

Riproduzione riservata © Il Piccolo