Abusi sulla figlia della compagna Poliziotto gradiscano a processo

Iniziato a Venezia il procedimento col rito abbreviato nei confronti dell’agente Il trentenne è chiamato a rispondere di violenza sessuale pluriaggravata



Il pianto disperato tra le braccia della nonna aveva aperto il cuore della ragazzina a una confessione terribile. Il patrigno avrebbe abusato su di lei per quattro anni, sin da quando lei ne aveva solo undici. Quell’uomo, diventato il nuovo compagno della madre, all’epoca vestiva la divisa della Polizia di Stato. Era in servizio all’Ufficio Immigrazione a Marghera. A marzo dello scorso anno, il trentenne era finito in manette in seguito all’indagine e aveva trascorso alcune settimane in carcere prima di ottenere gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Misura, questa, a cui tuttora è sottoposto nella sua residenza di Gradisca d’Isonzo.

Ieri il procedimento per violenza sessuale pluriaggravata a carico del poliziotto, che nel frattempo è stato sospeso dal servizio, è arrivato davanti al giudice del tribunale di Venezia Andrea Battistuzzi. Un’udienza durata oltre un paio d’ore e conclusasi con la richiesta di condanna da parte della sostituto procuratore Alessia Tavarnesi: otto anni in abbreviato, quindi tenendo già conto dello sconto di un terzo della pena previsto per questo rito alternativo. Presente all’udienza l’imputato che davanti al gup ha rilasciato brevi dichiarazioni spontanee, respingendo in toto le accuse e rimandando a una memoria scritta ben più corposa. In aula, a rappresentare la madre della ragazzina e la stessa minore, costituitesi parti civili, c’era l’avvocato Andrea Franco.

L’adolescente era stata sentita in incidente probatorio con la modalità protetta, tenuto conto della sua giovanissima età e dell’estrema delicatezza del caso. In quell’occasione la ragazzina aveva confermato quanto aveva denunciato. Ovvero che quell’uomo, arrivato a casa come il nuovo compagno della madre, si era trasformato in un orco. Sin da quando lei aveva undici anni, stando alle accuse, il patrigno avrebbe approfittato dei momenti in cui erano soli per violentarla. Non solo toccamenti alle parti intime, ma anche rapporti orali e altro. Vari episodi proseguiti negli anni fino a quando la ragazzina, diventata nel frattempo quindicenne, non era più riuscita a serbare quel segreto grande come un macigno e davanti alla nonna era esplosa. Da quel momento erano iniziate le indagini da parte dei carabinieri finalizzate a verificare la fondatezza delle accuse mosse dalla ragazzina nei confronti del patrigno. Un quadro accusatorio pesantissimo, quello a carico dell’allora poliziotto, confermato dalla richiesta di pena e dal perdurare della misura cautelare a suo carico. La difesa si è battuta sostenendo che nulla di tutto quello che ha raccontato la ragazzina è vero e che le accuse vadano contestualizzate in una situazione familiare e personale più complessa.

Il giudice leggerà la sentenza il prossimo 18 marzo. –



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