Addio a Gianfry, cantore “patoco”

Gianfranco Varin aveva 46 anni. Cantò «nei migliori alberghi di Cortina e nelle peggiori bettole di Trieste»
Di Ugo Salvini

Il cabaret triestino e il mondo delle sagre, delle feste popolari, della musica locale, del dialetto più autentico, hanno perso uno dei personaggi più conosciuti e amati. Gianfranco Varin, noto soprattutto come Gianfry, soprannome col quale si era imposto nel mondo dello spettacolo e che lo accompagnava comunque, anche nei rapporti con i tantissimi amici e conoscenti che vantava in città, se n’è andato all’improvviso. A 46 anni, stroncato da un infarto. Si trovava a Umago, per una di quelle uscite che hanno caratterizzato tutta la sua vita di artista alla costante ricerca di nuovi spunti, ma anche di nuove conoscenze, di esperienze da sommare l’una all’altra. Non a caso, chi lo ha conosciuto bene ha subito detto «ha vissuto a duecento chilometri all’ora, come piaceva a lui». Gianfry amava soprattutto la vita, non disdegnava la buona tavola e una birra con gli amici. E l’ha conclusa così: dopo aver pranzato, mentre si accingeva a riprendere la strada di casa, ha accusato un malore che purtroppo si è rivelato fatale. La notizia in città si è diffusa in pochissimo tempo, confermando la grande popolarità di un personaggio molto seguito e apprezzato. Con facebook la morte di Gianfry è arrivata subito in tutti i circoli musicali, fra i gruppi di amici e conoscenti, nei locali dove per anni ha suonato, cantato, divertito il pubblico con la sua prorompente personalità tutta triestina che trovava, nelle espressioni dialettali, la sua forza e la sua definizione. Sandro Davia, in arte “El Mago de Umago” e “Siora Jole”, ha condiviso con Gianfry un lunghissimo matrimonio artistico: «Ci conoscemmo nel 1998 (nel ’97 era uscito il suo disco di debutto “Trieste mia”, ndr) quando lui suonava assieme a Flavio Furian e nel ’99 (anno di uscita del primo cd intitolato “El can de Trieste” firmato dalla Gianfry’s band, ndr) formammo un trio che ottenne un notevole successo a livello locale - ha ricordato commosso ieri Davia - che raggiunse il suo culmine con la realizzazione del cd “Malignazi”, capace di vendere ben cinquemila copie. Nel 2005 Furian lasciò il trio - ha continuato il compagno d’arte - ma noi due continuammo in un felice sodalizio fino al 2010. Cordialmente lo chiamavo mio “marito”, tanto era forte l’intesa sul palcoscenico. Poi nella vita privata lui proseguiva nella sua scelta di single, mentre io tornavo a casa dalla famiglia». Varin, che nella vita di tutti i giorni faceva il pompiere, aveva lasciato l’impegno artistico nel 2011, «ho cantato a sufficienza» ripeteva, ed era comprensibile, visto che aveva iniziato giovanissimo, a 17 anni. Ma in molti speravano in un suo rientro. Gianfry era noto anche per essere piuttosto originale ed eccentrico nell’abbigliamento, un vezzo abituale nel mondo degli artisti: raramente lasciava il giaccone di pelle e le scarpe a punta. Obbligatorio l’abbinamento di colori e stile fra calzature e cintura. «Era capace di ordinare su internet un completo in pelle maculata - riprende Davia - e di girare per Trieste come se nulla fosse o di comperare e indossare ogni giorno un anello diverso». Ma agli artisti tutto è concesso. Anche di essere ricordato con una frase che amava molto e che delinea il personaggio: «Mi sono esibito nei migliori alberghi di Cortina e nelle peggiori bettole di Trieste».

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