Addio alla psichiatra femminista Signorelli
A lei, basagliana della prima ora, si deve l’introduzione della questione di genere nel disagio mentale

Forte, caparbia, diretta, fiera. Tanto odiata quanto amata. Assunta Signorelli, la psichiatra basagliana che introdusse la questione di genere nel disagio mentale, se n’è andata l’altro ieri mattina a Trieste. Un male incurabile l’ha stroncata all’età di 69 anni. Già ad agosto, quando la notizia della sua malattia si sparse, la sua casa era un via vai di infermieri, utenti, operatori, rappresentanti delle associazioni. «La scuola basagliana si è d’altronde sempre posta di coinvolgere la città. E’ stata la fortuna della sua rivoluzione. Ha stimolato la capacità delle persone di sopportarsi a vicenda, di superare le differenze. E nel farlo ha coinvolto il Paese, la società» commenta Maria Grazia Giannichedda, la sociologa che con Signorelli ha condiviso buona parte dell’esperienza basagliana. Per questo motivo la malattia e la morte della psichiatra sono state accompagnate da «tanto calore e grande partecipazione»; e il fiume di messaggi pubblicati in poche ore su Facebook lo dimostra. Signorelli conobbe Basaglia quand’era ancora studentessa romana. Lo seguì a Parma come volontaria dell’Ospedale psichiatrico. Di lì a Trieste, dove operò gran parte della sua professione. Partecipò alla creazione dei centri di salute mentale e aprì il primo Centro donna - salute mentale per riconoscere la specifità di genere nella sofferenza. Raccolse i suoi articoli nel libro “Praticare la differenza. Donne, psichiatria e potere” (Ediesse) e nel 2014 partecipò alle europee nella lista “Altra Europa con Tsipras”. Non solo Trieste. È un curriculum di dieci pagine, il suo. Dal 2004 al 2005 diresse il Dipartimento di salute mentale di Siena; poi per anni si spese nel progetto di superamento di un istituto psichiatrico calabrese sfuggito alla legge 180. Dal 2013 di nuovo a Trieste dove diresse il Dipartimento di salute mentale. Ed è qui che optò per la pensione, dopo la mancata riconferma del ruolo, affidato nel 2014 a Roberto Mezzina. Un caso che lei stessa trattò pubblicamente parlando di una psichiatria «gestita da quattro capetti in una stanza» che l’avevano «fatta fuori». La guerra interna fra i basagliani non ha mai visto tregua. Saranno tanti altri a salutarla, nella cerimonia laica che si terrà lunedì alle 15 nello spazio Villas, al Parco di San Giovanni.
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