Addio Arturo Falaschi l’ingegnere della vita
È morto improvvisamente l’altra notte lo scienziato Arturo Falaschi (foto). Aveva 77 anni. Si è accasciato al volante dell’automobile davanti alla sua casa di Montopoli, in Valdarno (Pisa). Nel 1987 fu tra i fondatori a Trieste dell’Icgeb che diresse fino al 2004

Arturo Falaschi
Sereno come ha vissuto, così se n’è andato Arturo Falaschi, la sera del 1° giugno dopo una giornata trascorsa a lavorare con l’alacrità e l’intensità di sempre. Forse… solo un po’ più affaticato del solito. Classe 1933, una laurea in medicina a Milano e una passione profonda per la biologia, Falaschi non ha mai esercitato l’arte di Ippocrate. Si è dedicato alla ricerca, iniziando come borsista del Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari, all'Istituto di Fisiologia dell'Università di Ferrara assieme a Enzo Boeri, per studiare l’effetto delle radiazioni sull’attività di diversi enzimi. Da qui è nata la passione, e insieme la sfida, della sua vita: riuscire a scoprire il meccanismo di replicazione del Dna.
Trasferitosi negli Stati Uniti (1961) com’era prassi per i migliori cervelli dell’epoca, Arturo ha lavorato con i nomi di punta della ricerca scientifica. In Wisconsin, per un anno, sotto la guida di John H. Adler e Gobind Khorana - quest’ultimo premio Nobel in fisiologia o medicina nel 1968 (assieme a Robert Holley e Marshall Niremberg) – ha svolto le prime sperimentazioni come post-doc, avviando ricerche pionieristiche che, oggi, sono materia di esame per gli studenti: ha lavorato alla sintesi chimica di pezzetti di Dna da usare come stampo per la sintesi di Rna in vitro. Come dire: l’alfabeto della vita.
Dopo il Wisconsin è la volta di Stanford: qui ha trascorso tre anni in California a fianco di Arthur Kornberg (scomparso nel 2007), anch’egli premio Nobel nel 1959 assieme a Severo Ochoa, studiando enzimi che svolgono la replicazione del Dna nelle spore di alcuni batteri. Poi il rientro in Italia, su invito di Luca Cavalli-Sforza genetista di fama.
Ripercorrere le tappe salienti delle ricerche di Falaschi, seguirne gli spostamenti nei laboratori di tutto il mondo e cercare di ricostruire la sua vita, anche attraverso i racconti degli amici e degli scienziati con cui ha lavorato, equivale a narrare la storia della biologia moderna e dei grandi - lui è fra questi - che hanno contributo a creare le biotecnologie e l’ingegneria genetica. Ma equivale anche a dare uno spaccato delle imprese scientifiche italiane dagli anni Sessanta a oggi.
«Ci siamo conosciuti nel 1961 tramite Adriano Buzzati-Traverso (genetista scomparso nel 1983) e abbiamo vissuto insieme quella che oggi potremmo chiamare l’avventura del buzzatismo» racconta Glauco Tocchini-Valentini, direttore dell’Istituto di Biologia Cellulare del Cnr. «Il buzzatismo è l’idea che Adriano aveva di internazionalizzare la ricerca biologica, per la quale ha dovuto fronteggiare molti oppositori, anche nel mondo accademico. Arturo è stato il vero erede di questa idea e, come Adriano, ha subito attacchi ingiusti. Dovevo sentirlo ieri sera, ma non ha risposto alla mia chiamata».
Dall’ottobre 1965 Falaschi è ricercatore nel Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica del Cnr. Nel 1966 diventa professore di biologia molecolare a Pavia, e dal 1970 al 1987 dirige l'Istituto di genetica biochimica ed evoluzionistica del Cnr sempre di Pavia, da lui fondato assieme a Cavalli-Sforza.
«Senza Arturo - ricorda Cavalli-Sforza che dell’istituto in questione è stato il primo Direttore – questo centro di ricerca (che oggi si chiama Istituto di genetica molecolare, IGM) non sarebbe mai esistito. Ovunque andasse otteneva traguardi magnifici…», ma la frase si smorza nei singhiozzi.
«Ho trascorso tutta la mia carriera assieme ad Arturo – dice Silvano Riva, ex direttore dell’Igm di Pavia – e non posso che definirlo un grande trascinatore, un autentico organizzatore della ricerca italiana: basti pensare che nel 1978 viene nominato presidente della commissione del Ministero della Sanità per lo studio delle attività sul Dna ricombinante, e che dal 1985 al 1999 è vice presidente del Comitato Nazionale per le Biotecnologie del Ministero per la ricerca scientifica e tecnologica. Personalmente, ci ha legati un rapporto intenso di amicizia profonda. Abbiamo avuto i figli negli stessi anni, e le domeniche ci trovavamo per pranzare assieme: Arturo si dedicava alla griglia. Ne andava fiero, lo ricordo a torso nudo tutto intento a evitare che la carne si bruciasse».
Siamo nel 1983: nella mente di Falaschi (e dell’amico Domenico Romeo, allora Presidente di Area Science Park) è già presente in embrione l’idea di realizzare a Trieste un centro internazionale dedicato a una materia del tutto nuova, l’ingegneria genetica. «Ho conosciuto Arturo quell’anno – dice Giorgio Rosso Cicogna, past direttore dell’Ics di Trieste - quando venne con l’allora ministro per la ricerca Luigi Granelli in delegazione in India, per negoziare con il governo indiano la nascita di un centro di eccellenza».
Nel 1987 nasce l’Icgeb – il Centro Internazionale di Ingegneria genetica e Biotecnologia, vera creatura di Falaschi. «Nel 2008 Arturo è stato nominato Rettore dell’Ics su proposta del Governo italiano – prosegue Rosso Cicogna – ma al di là dei suoi risultati scientifici e dell’opera di costruzione della ricerca italiana lo ricordo come un grande amico, un uomo integro che ha sempre vissuto in coerenza con i più profondi valori umani».
Dopo l’Icgeb, raggiunta l’età in cui i più cercano un buen ritiro, Falaschi continua e si rimette al lavoro, questa volta a Pisa: alla Scuola Normale Superiore l’amico fraterno Luigi Donato, direttore della Fondazione Cnr Regione Toscana, gli offre gli spazi per allestire laboratori e formare giovani talenti. Arturo, naturalmente, accetta.
La sua fibra forte, minata peraltro venti anni fa da un grave aneurisma superato con forza di volontà e rigore nello stile di vita, lo hanno accompagnato fino a qui. Oggi, a piangere il marito, il padre e il nonno che Arturo è stato sono la moglie Marie-Thérése, i figli Beatrice, Isabella e Francesco e quattro nipotini. Centinaia di altri - fra cui la sua assistente personale di una vita Elena Stubel e chi scrive - rimpiangeranno per sempre la sua solare gentilezza, il sorriso, la generosità e l’anima grande che Arturo ha regalato al prossimo.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti:arturo falaschi
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video