Albanesi scarcerati, indagine del ministro Alfano
Chiesto da Roma il fascicolo dell’inchiesta gestita del pm Chergia per individuare eventuali responsabilità

Il ministro dalla Giustizia Angelino Alfano vuole fare chiarezza sulle cause che hanno provocato la scarcerazione «per decorrenza dei termini di custodia» dei tre albanesi accusati di aver messo a segno una trentina di furti nelle ville dell’altipiano e della costa. Il fascicolo dell’inchiesta gestita dal pm Maddalena Chergia è stato già richiesto da Roma. In sintesi una indagine amministrativa interna al Ministero cercherà di individuare l’errore. Poi si vedrà. Certo è che la dichiarazione del procuratore capo di Trieste Michele Dalla Costa non sono state ritenute sufficienti per chiudere il caso, rimbalzato da Trieste a Treviso dove la banda di albanesi ora liberi aveva messo a segno un’altra trentina di furti. La vicenda era poi approdata con grande rumore sui giornali nazionali. Michele Dalla Costa il primo settembre aveva dichiarato al Piccolo che «è stata una erronea indicazione della segreteria del magistrato della data di decorrenza di custodia cautelare. E’ successo...»
Ora gli accertamenti si riaprono e vanno al di là delle responsabilità presunte della segreteria del magistrato a cui era stata affidata l’inchiesta e che non ha chiesto in tempo al gip il rinvio a giudizio degli albanesi arrestati con grande fatica dopo mesi di indagini gestite congiuntamente dalla squadra mobile e dagli uffici terrioriali dell’Arma. Va aggiunto che della segreteria del pm Maddalena Chergia fanno parte tre persone: una commessa che nell’organigramma dei ruoli ministeriali è indicata di livello A1; e due uomini prestati alla procura dalle forze di sicurezza. Uno appartiene alla Polizia di Stato l’altro ai carabinieri. Nello stesso ufficio si intersecano dunque le competenze di tre ministeri: quello degli Interni, quello della Difesa e quello dalla Giustizia.
Ma non basta. Quando i dirigenti della cancellerie hanno esaminato i profili professionali di chi lavora negli uffici, hanno scoperto che la segreteria in cui è avvenuto l’errore, era gestita dai due uomini delle forze di sicurezza e - per il Ministero della Giustizia - da una commessa adibita da anni a mansioni di gran lunga superiori al suo grado e al suo stipendio. Una bravissima impiegata che ha sempre svolto con grande capacità, efficacia e abnegazione un compito che non le spetta ed eccede le sue mansioni. Il caso è stato sollevato anche sotto il profilo di sempre possibili vertenze a livello restributivo e di carriera durante il recente riordino delle segreterie della Procura, seguito all’insediamento del nuovo procuratore capo Michele Dalla Costa.
Ma tutto si è esaurito con uno scambio di lettere dove venivano ribadite le grandi capacità dei componenti della segreteria finita nella bufera. «Senza averne alcuna responsabilità» dicono sommessamente i colleghi degli altri uffici. E nulla è cambiato della precedente organizzazione del lavoro.
Certo è che i grandi vuoti negli organici del personale amministrativo e di segreteria della Procura e del Tribunale di Trieste periodicamente emergono nelle solenni cerimonie di inaugurazione degli anni giudiziari. Se ne parla per qualche giorno ma a nessuno sfugge che gli uffici funzionano solo perché tanti uomini della Guardia di finanza, della Polizia e dei Carabinieri svolgono mansioni che spetterebbero a quei dipendenti che Ministero della Giustizia non assume più da anni, nemmeno a livello di «trimestrali». Intanto chi va in pensione non viene sostituito. A livello burocratico-sindacale lo chiamano «blocco del turn over», ma di fatto queste scelte governative rischiano di bloccare o deviare su binari morti le vicende più delicate che la macchina giudiziaria deve affrontare. La liberazione anticipata dei tre albanesi per «decorrenza dei termini di custodia cautelare» lo dimostra.
Vi è un ultimo aspetto di questo caso in cui tre delinquenti matricolati l’hanno fatta franca per un errore nel conteggio dei termini di custodia. Molta gente che abita a Cernizza di Duino, a Sistiana e San Pelagio ed è stata vittima delle incursione della banda di cui i tre albanesi liberati anzitempo facevano parte, ora ha nuovamente paura. La rabbia è tanta e i rinnovati pattugliamenti attuati dai carabinieri non riescono a farla svanire.
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video