Alcatel lascia Trieste, 850 posti a rischio

L’amministratore delegato conferma a Parigi la vendita dello stabilimento. Cresce la paura della delocalizzazione
Di Silvio Maranzana
Silvano Trieste 28/11/2013 Alcatel - Lucent
Silvano Trieste 28/11/2013 Alcatel - Lucent

La drammatica conferma è arrivata, seppur detta a denti stretti, nel corso dell’incontro sindacale svoltosi venerdì a Parigi: la francese Alcatel-Lucent concluse le trattative per la propria incorporazione nel gruppo finlandese Nokia (che avrebbe sborsato 15,6 miliardi di euro) non intende più avvalersi dei propri siti produttivi, incluso quello di Trieste dove si fabbricano Apparati per trasmissione in fibra ottica. Ad affermarlo è stato lo stesso amministratore delegato della società transalpina, Michel Combes dinanzi agli esponenti del Coordinamento europeo dei rappresentanti di fabbrica del quale fa parte anche il triestino Andrea Raini, rsu della Uilm. Nello stabilimento di strada Monte d’oro oggi sono impiegati 318 dipendenti a tempo indeterminato e 400 lavoratori somministrati. Se si considera anche l’indotto, costituito in parte dall’azienda Mw-Fep di Ronchi dei Legionari, ma che coinvolge i servizi locali di mensa, pulizie, sorveglianza, logistica, si arriva a 850 persone che entro breve potrebbero vedere il proprio posto di lavoro messo a rischio. Per Trieste si aprirebbe una crisi occupazionale spaventosa, paragonabile, anche nei numeri, a quanto sarebbe accaduto se fosse stata chiusa la Ferriera.

«Combes - spiega il sindacalista triestino - ha confermato la politica di vendita, dopo il nuovo assetto societario, di tutti i siti produttivi. In particolare ha specificato che è intenzione del gruppo abbandonare il manufacturing per cederlo a chi si occupa di questo specifico ambito. Successivamente al più stretto collaboratore di Combes - aggiunge Raini - sono riuscito a porre una domanda specifica sullo stabilimento triestino e sulla contraddizione che c’è nel dismettere o vendere uno stabilimento con volumi di produzione in crescita e portafoglio ordini nutrito come è attualmente il nostro. Ma mi è stato risposto che è di gran lunga preferibile vendere adesso che non più avanti allorché potrebbe verificarsi una contrazione del fatturato».

Ma proprio negli acquirenti si nasconderebbe secondo i dipendenti di strada Monte d’oro, il pericolo maggiore. A detta di Raini infatti voci fortemente accreditate segnalerebbero due manifestazioni di interesse per lo stabilimento triestino che sarebbero state avanzate da Flextronics e Jabils, entrambe società statunitensi leader del settore. «Si tratta di gruppi - specifica Raini - che hanno già precedenti di esternalizzazione delle attività in Paesi low cost dove possono pagare i dipendenti 300-400 euro al mese. Temiamo che nel giro di qualche mese possa succedere questo anche qua con lo smantellamento dello stabilimento triestino. La Flextronics del resto è già un nostro fornitore di semilavoratori che produce in Romania». Domani nello stabilimento di strada Monte d’oro è in programma un’assemblea dalla quale potrebbero scaturire azioni di protesta clamorose. Già il 27 marzo i dipendenti triestini di Alcatel-Lucent avevano dato vita a uno sciopero. In quell’occasione l’azienda con una stringata nota aveva ribadito quanto già affermato qualche giorno prima e cioé il ruolo strategico del sito triestino nel business dell’impresa rimarcando che non sono previsti smantellamenti né nel breve, né nel lungo periodo. Appena un anno e mezzo fa, nel novembre 2013 lo stabilimento triestino era stato sfiorato da un autentico tornado, uno “shift plan” che aveva fatto 10mila vittime, occupazionalmente parlando, nelle sedi del gruppo in tutto il mondo.

«Ho parlato oggi con il ministro Federica Guidi per accertarmi che il Governo stia seguendo la situazione del sito produttivo Alcatel Lucent di Trieste - ha dichiarato ieri sera la governatrice Debora Serracchiani - e ho ottenuto assicurazione che è già in corso un ragionamento per guardare al futuro». La parlamentare di Forza Italia Sandra Savino ha chiesto al Ministro dello Sviluppo economico di aprire subito un tavolo di trattativa con le rappresentanze sindacali. «In città - commenta Savino - non possono esistere crisi occupazionali di serie A e B. Stiamo parlando di oltre 800 lavoratori e quindi Comune e Regione dovrebbero attivarsi mettendo in campo la stessa mobilitazione adoperata in altre situazioni».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo