Alcatel, resiste ai tagli mondiali la fabbrica triestina dei camici bianchi

È la fabbrica del futuro e ha più dipendenti della Ferriera di Servola, anche se a Trieste non la conosce quasi nessuno. La Alcatel Lucent, lo stabilimento dei camici bianchi dato che tutti vi lavorano così abbigliati, che si estende su un’area di 48mila metri quadrati a due passi da via Flavia, è stata sfiorata in queste settimane da un autentico tornado, uno “shift plan” che, occupazionalmente parlando, sta facendo migliaia di vittime nelle sedi del gruppo in tutto il mondo, ma dal quale è uscita perlomeno indenne. Il gruppo globale francese, leader mondiale nella produzione di hardware e software per le telecomunicazioni ha infatti annunciato un piano drastico di tagli che dovrà ridurre gli organici di 10mila posti a livello mondiale, di cui 4mila in Europa e 600 in Italia. «Ma Trieste non sarà toccata, ormai la decisione è definitiva - possono annunciare Marco Angelo Colombo, Trieste plant manager e Fabrizio Magistrali responsabile manufacturing Europa - in Italia rimarrà una delle sedi strategiche e sarà uno degli stabilimenti produttivi a livello mondiale. Oggi ne sorgono altri due in Francia e in Cina, ma di questi però non si conosce il futuro».
In strada Monte d’Oro 14, negli stessi capannoni dove nel 1970 era nata la Telettra, fabbrica che molti triestini non più giovani ricorderanno e che solo nel 1991 è stata acquisita da Alcatel, oggi si producono Apparati per trasmissione in fibra ottica che permettono di trasmettere comunicazioni, informazioni, immagini e video da un capo all’altro degli oceani. Gli apparati in media sono delle dimensioni di un piccolo armadio e possono costare da alcune migliaia fino a centinaia di migliaia di euro. L’ultimo modello, il “1830 Pss” ha interfacce ottiche da 100 Gigabit/secondo e in questi ultimi mesi del 2013, nonostante la coda della crisi, la domanda è cresciuta soprattutto dall’America del Nord e dall’Est Europa. Lo stabilimento triestino vanta comunque oltre duecento clienti in tutti e cinque i continenti. Tra questi Telecom Italia e Wind. «Nel corso del 2012 - riferiscono Colombo e Magistrali - abbiamo potuto trasformare a tempo indeterminato i contratti di 100 lavoratori cosiddetti somministrati». Sono quelli a tempo determinato con contratti lunghi da pochi mesi a un anno. Oggi i dipendenti diretti sono oltre 600 di cui la metà assunti con contratti a tempo indeterminato. Per comprendere le dimensioni basti dire che la Ferriera ha, compresi i tempi determinati, che però sono molto pochi, 485 dipendenti. Per il 63% i lavoratori di Alcatel-Lucent sono diplomati, mentre nell’11% dei casi si tratta di laureati, quasi tutti ingegneri. Uno su tre dipendenti è donna e l’età media è di 38 anni. Nella grande maggioranza dei casi si tratta di triestini, anche se non mancano alcuni che vengono dall’Isontino o anche dalla Slovenia. Bastano questi dati per capire come Alcatel-Lucent costituisca un eccezionale canale di assorbimento in particolare per i triestini diplomati negli istituti tecnici. Tutte le attività che vengono svolte all’interno dello stabilimento e che riguardano soprattutto giunzioni ottiche, integrazione di sistema e assemblaggio di interfacce ottiche ad alta velocità, sono a elevato contenuto tecnologico e presuppongono da parte degli addetti, anche dopo l’università, approfonditi corsi di formazione. «Quello nostro comunque - spiegano Colombo e Magistrali - è un mercato estremamente volatile e fluttuante, per cui non è detto che allo scampato pericolo di ridimensionamento, segua una fase di ulteriore crescita». Con la specificità del mercato si spiega il rapporto quasi paritario tra dipendenti istituzionalizzati e somministrati anche se ciò, com’è purtroppo caratteristica attuale, rende precari molti dei rapporti di lavoro».
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