Alfano fa retromarcia: si vota solo di domenica (anche in Fvg)

Sfuma a Roma l’ipotesi di estendere le operazioni a lunedì 6 giugno. Forza Italia: «Siamo gli unici aperti a orario ridotto»

TRIESTE. Il Consiglio dei ministri ha deciso: l’Italia, in occasione dei due turni di elezioni amministrative, voterà solo di domenica. Ma il Friuli Venezia Giulia, complice l’offensiva di Forza Italia, deve ancora risolvere l’ultimo elemento di difformità: l’orario ridotto dei seggi che in Italia saranno operativi dalle 7 alle 23 e a livello regionale dalle 8 alle 20. Due ore in meno.

La scelta romana smorza il dibattito innescato dall’apertura del ministro del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, all’ipotesi di estensione al lunedì per i Comuni sopra i 15mila abitanti. La proposta si è immediatamente riverberata in Friuli Venezia Giulia con Forza Italia a chiedere la modifica della legge regionale che stabilisce la chiamata alle urne solo di domenica.

Alfano, però, deve incassare l’imprevista fumata nera: «Avevo proposto l’estensione per andare incontro a un’istanza rappresentata da più parti e cioè ampliare la partecipazione al voto e ridurre i rischi di astensione. Di fronte a tante polemiche strumentali, valuto opportuno lasciare le cose come stanno». Ma in Fvg il nodo degli orari domenicali rimane sul tavolo.

Per il capogruppo forzista Riccardo Riccardi «le ragioni restano inalterate: volevamo evitare confusione rispetto al resto d’Italia. Si voti allora solo di domenica, ma lo si faccia anche qui dalle 7 alle 23. Il centrosinistra solleva il problema dei costi ma, se le elezioni costano, non le facciamo direttamente?». I forzisti hanno preparato ieri una proposta di modifica: una corsa contro il tempo perché, per sperare nell’ottenimento della procedura d’urgenza, il testo è stato depositato prima di conoscere l’esito del Cdm. Dopo le notizie da Roma, il gruppo ha annunciato di lasciar cadere la richiesta di allargamento al lunedì, continuando a puntare sulle ore domenicali in più.

La questione potrebbe essere discussa giovedì in Consiglio regionale, se le forze politiche troveranno un accordo preliminare, che Bruno Marini (Fi) auspica «essere unanime dopo i segnali di apertura manifestati dalla maggioranza». E in effetti disponibilità al confronto è stata annunciata dall’assessore alle Autonomie locali, Paolo Panontin, rimasto invece assolutamente fermo sul “niet” all’ipotesi del lunedì. Un comunicato della giunta parla di «stupore dell’assessore di fronte a polemiche sollevate dall’opposizione», laddove fino all’esternazione di Alfano «nulla era stato eccepito né proposto in alternativa». Più colorito il Panontin pensiero affidato ai social network: «Tanto tuonò che piovve! Si voterà solo domenica 5 giugno in tutta Italia. Qualcuno avvisi il centrodestra regionale».

Battaglia in Regione sulle date del voto in Fvg
Un'elettrice vota alle elezioni

Resta da capire cosa farà a questo punto sul nodo orari la giunta Serracchiani che intanto si gode il disinnesco del problema più grosso: «Con la decisione del Consiglio dei ministri, la Regione rimane nel solco nazionale». Nel suo comunicato, l’esecutivo ribadisce i vantaggi del voto in un’unica giornata: «Tenere aperte le urne di lunedì avrebbe avuto impatto pesante non solo sui costi, circa 500mila euro in più, ma anche su scuole e famiglie», a causa di un giorno di chiusura in più degli istituti. A quanto si apprende, l’adeguamento degli onorari dei componenti dei seggi sarebbe costato ulteriori 100mila euro, da aggiungere alla necessità di ristampare i manifesti elettorali e rispedire le istruzioni di voto ai 40mila residenti all’estero, con un aggravio di 200mila euro. Altri 200mila euro sarebbero usciti dalle casse dei Comuni per l’aumento del lavoro del proprio personale.

Il vicesindaco di Trieste, Fabiana Martini, tira in effetti un sospiro di sollievo: «Con l’estensione al lunedì si sarebbero aperte molte problematiche, che restano comunque in piedi anche per il solo ampliamento dell’orario domenicale: in questo secondo caso, un nuovo invio di cartoline ai 25mila residenti all’estero costerebbe al Comune 35mila euro, da sommarsi alle due ore in più di lavoro da riconoscere ai nostri dipendenti, per un totale di 20mila euro».

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