Alikè, imputati offrono 3 milioni per patteggiare

di Corrado Barbacini
Tre milioni di euro. È questa la cifra - sotto forma di denaro ma anche di terreni - che Dimitri Passaro e Gianluca Valenti hanno messo a disposizione. Passaro e Valenti sono i due ex amministratori di Alikè, la holding immobiliare fallita il 19 febbraio 2009: per entrambi l’imputazione è di bancarotta fraudolenta. L’accordo, proposto nell’udienza di ieri mattina davanti al giudice Laura Barresi, è quello di mettere le somme a disposizione dei curatori, condizionandole però alla possibilità di patteggiare.
In pratica gli avvocati Alberto Tarlao e Livio Grapulin, i difensori di Dimitri Passaro (da qualche mese residente a Belgrado) hanno offerto, alla presenza del pm Federico Frezza, la somma di un milione e mezzo di euro. Come contropartita chiedono una sentenza di patteggiamento di 23 mesi con la condizionale. Per l’altro imputato, Gianluca Valenti (attualmente residente a Cittadella dove ha avviato una nuova attività), il difensore, l’avvocato Gianluca Rizzardi, ha messo sul piatto la totalità delle quote di una società immobiliare di Tarvisio proprietaria di terreni del valore, sulla carta, di un milione 450mila euro. In cambio chiede una sentenza di patteggiamento per tre anni con i benefici. Il giudice Barresi ha aggiornato l’udienza al prossimo primo febbraio per consentire di perfezionare la trattativa con la parte civile rappresentata dall’avvocato Emanuele Urso.
Ma è chiaro che la strada intrapresa ha tutti gli elementi per essere quella definitiva. I circa tre milioni dovranno servire per pagare una parte dei debiti. Una goccia nel mare della voragine stimata all’epoca in oltre 20 milioni di euro. Tuttavia nei mesi scorsi attraverso la cessione di cespiti come il palazzo Ras o villa Hausbrandt una parte della voragine debitoria è stata sanata. Proprio nella villa di viale Miramare 241 aveva sede la holding poi crollata miseramente.
L’indagine era stata avviata dall’allora pubblico ministero Raffaele Tito ed “ereditata” dal collega Federico Frezza. Ai due imputati vengono contestati numerosi episodi di bancarotta fraudolenta, di evasione fiscale collegata a fatturazioni per operazioni inesistenti, a infedeli dichiarazioni dei redditi. Per quest'ultima operazione dalle casse della Alikè investments spa era uscito un milione e mezzo di euro. I soldi relativi appunto ai terreni di Tarvisio.
L'indagine aveva messo a fuoco il sistema ideato dai due soci: una sorta di catena di Sant'Antonio. Gli immobili venivano ceduti da una società all'altra, con valori sempre crescenti: le rivalutazioni consentivano di accedere a finanziamenti bancari sempre più consistenti e ingiustificati. Nel verso opposto decine di fatture false riducevano la base imponibile degli immobili rivalutati.
Nel 2006 Dimitri Passaro e Gianluca Valenti erano sbarcati a Trieste ma anche a Monfalcone. Sembra passato un secolo da quando la loro “buona stella” brillava: «Vogliamo investire qui perché la città è strategica per il mercato immobiliare. Non crediamo nella speculazione selvaggia e negli imprenditori mordi e fuggi. Noi vogliamo restare qui per crescere», avevano detto.
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