Ance Fvg: il decreto sblocca cantieri rischia di affondare le costruzioni

Il provvedimento secondo l’associazione manca di una visione strategica e non protegge a sufficienza le imprese del territorio
LAVORI EDILI, CANTIERE OPERAIO CON CASCHETTO
LAVORI EDILI, CANTIERE OPERAIO CON CASCHETTO

TRIESTE Si erano affidati, «speranzosi», al tanto atteso decreto “Sblocca cantieri” e invece sono rimasti delusi. I costruttori di Ance Friulia Venezia Giulia e Ance Veneto, con la firma dei presidenti Roberto Contessi e Giovanni Salmistrari, scrivono per questo ai parlamentari nordestini una lettera aperta per sollecitare il pressing a Roma in modo da modificare il testo in sede di conversione. Quello che manca nel Dl, premettono i due leader regionali dell’Ance, è «una visione strategica di dove si vuole portare il Paese e il settore. Nonostante una disoccupazione dilagante, un impoverimento al di sotto della soglia di sicurezza di tutte le infrastrutture e un’incapacità di impiego delle risorse, ancora si continua a preferire la spesa corrente e a far crescere il debito pubblico». Nello specifico il decreto mostra «più il respiro di un correttivo a medio lungo termine al vigente Codice dei contratti che non di un effettivo provvedimento che garantirà a breve la ripresa dei lavori».

La richiesta dei costruttori? Su due fronti: riperimetrazione del reato di abuso di ufficio e riconfigurazione della responsabilità erariale. Il paradosso, scrivono Contessi e Salmistrari, «è che tutte le forze politiche ci hanno manifestato la propria più assoluta condivisione, ma nessuno ha fatto nulla». Nel mirino di quanto sfornato da Roma c’è, emblematico, il tema del subappalto, «che torna facoltà della stazione appaltante che potrà prevederlo in una forchetta fino al massimo del 50% dell’importo lavori. La stessa azienda potrà quindi partecipare a una gara dove un giorno vi è una previsione del 5% di opere subappaltabili e a una gara dove un altro giorno ve ne è una del 50%. Può esistere una impresa con questo spettro di operatività?».

Un effetto negativo sul sistema, prosegue l'associazione di Fvg e Veneto, «avrà anche la compressione dei limiti per la procedura negoziata a 200.000 euro dall’attuale milione. Mantenere questa soglia risponde tra l’altro all’esigenza di tutelare le imprese del territorio evitando che siano costrette a concorrere al più alto numero di gare possibile senza alcuna seria prospettiva di aggiudicazione». E ancora l’Ance si dice «favorevole all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, perché solo così potrà apprezzarsi e avere valore il know how di un’impresa strutturata. Ma il decreto va nella direzione sbagliata quando prevede l’innalzamento dal 30 al 50% dell’incidenza del fattore prezzo rispetto ad altri elementi qualitativi dell’offerta. Così sarà ancora il prezzo a decidere l’aggiudicatario. La realtà è che le imprese edili continuano a soffrire ma, nonostante la perdita di 600.000 occupati, il legislatore ha come principale preoccupazione quella di andare a pranzo con i dipendenti della Pernigotti, 150 lavoratori a rischio, o creare una newco nel settore delle infrastrutture per salvare grandi imprese senza preoccuparsi delle aziende a valle». —


 

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