Arnez, il medico che aiuta le donne operate al seno

di Laura Tonero
Zoran Marij Arnež è arrivato a dirigere il reparto di Chirurgia plastica dell'Azienda ospedaliero universitaria di Trieste nel 2007. E oggi al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara i pazienti possono avvalersi di una delle divisioni dedicate a questa branca della chirurgia tra le più quotate a livello internazionale. Quando si parla di chirurgia plastica la mente corre a scandagliare immagini di seni abbondanti, labbra gonfiate o zigomi scolpiti. Ma il compito più importante di questo ramo della chirurgia mira invece a correggere malformazioni congenite o i postumi di traumi, incidenti o malattie. Da un lato dunque la chirurgia plastica estetica che nel nosocomio di Cattinara viene praticata fuori dal normale orario di lavoro e con i costi diversi a carico del paziente; dall'altro la chirurgia ricostruttiva.
Arnež si avvale di collaboratori e assistenti giovanissimi, tutti tra i 35 e i 40 anni: tre strutturati, Nadia Renzi, Vittorio Ramella e Giovanni Papa, un libero professionista e due assegnisti di ricerca. Pochi, anche a detta del chirurgo originario di Lubiana, per una realtà d'eccellenza della nostra sanità. «Noi spesso lavoriamo a supporto di altri reparti di chirurgia - specifica Arnež - e interveniamo sia per ridonare alcune capacità funzionali, sia per ridonare sicurezza sessuale, sociale e psicologica a chi ha subito operazioni o traumi devastanti».
Interventi dunque in qualche modo "dovuti" che negli ultimi anni hanno reso meno traumatica la vita di chi ha subìto un grave incidente, un'ustione importante o è stato sottoposto a interventi oncologici. «La mastectomia ad esempio - riferisce il chirurgo, che è anche professore ordinario all'Università cittadina - è un’operazione devastante che colpisce nel pieno della simbologia della femminilità». Negli ultimi 40 anni per le donne che subiscono questo tipo di intervento sono stati fatti passi da gigante. «Oggi - spiega ancora Arnež - l'intervento di ricostruzione avviene in concomitanza con quello del chirurgo oncologo, "demolitore": la ricostruzione appunto avviene con protesi mammarie o con tessuto autologo, ovvero proveniente da un'altra zona del corpo».
E questo avvicendarsi, questa tempestività dell'intervento di ricostruzione consentono all'oncologo di intervenire in maniera più radicale. «A Cattinara ora esiste una "breast-unit", un'unità interdipartimentale di patologia mammaria, - avverte il chirurgo - comparabile con quelle degli ospedali più importanti al mondo». Attiva da gennaio 2010, questa realtà prende a carico le pazienti accompagnandole lungo un percorso che dal primo approccio con l'ambulatorio per visite chirurgiche e di controllo le guida e le affianca fino alla fase post operatoria. «Alle donne consiglio di scegliere sempre con attenzione la struttura alla quale si rivolgono - sottolinea il chirurgo - da dove vanno può dipendere la loro vita».
E un appello Arnež lo rivolge direttamente alle triestine: «Chi abita qui non deve farsi attrarre dai parchi o dalle ampie stanze di certe strutture, - riferisce - non servono viaggi a Milano alla ricerca di chissà quale clinica o di nomi ridondanti della chirurgia oncologica o ricostruttiva. Qui hanno a disposizione una delle strutture più all'avanguardia non solo d'Italia: da noi vengono pazienti dalla vicina Slovenia ma pure dalla Spagna o dalla Croazia. Persino uno specialista inglese è venuto ad acquisire da noi certe tecniche all'avanguardia mondiale - conclude - e per noi è stata una grande soddisfazione».
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Nei triestini c'è un'attenzione per le cicatrici che mai mi era capitato di vedere in precedenza».
Dice così Zoran Arnez, primo dirigente medico a giungere dalla Slovenia, nel gennaio del 2007, con un curriculum di tutto rispetto (dirigeva la Chirurgia plastica del Centro ustioni dell’Università di Lubiana). Il medico è rimasto - come racconta lui stesso - esterrefatto quando ha constatato come i primi pazienti ricevuti a Cattinara, ancor prima di preoccuparsi della gravità di un intervento, della fase post-operatoria o di eventuali rigetti, si informavano in merito alla grandezza del taglio, del numero dei punti e dell'importanza della cicatrice che sarebbe rimasta a testimoniare l’intervento. «È colpa di questa mania per il sole, per l'abbronzatura - assicura il chirurgo - qui l'importanza dell'operazione viene valutata in centimetri. E questo è assurdo».
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