Autamarocchi prepara lo sbarco a Monaco e Belgrado

L’azienda fattura 140 milioni e dà lavoro a mille addetti, 200 operano a Trieste. È la prima flotta camionistica nazionale per il trasporto dei container
la sala-controllo della sede triestina di Autamarocchi
la sala-controllo della sede triestina di Autamarocchi

TRIESTE Prossime aperture a Belgrado e a Monaco di Baviera, con l’obiettivo di rafforzare la dimensione internazionale del gruppo e, per quanto riguarda la capitale serba, di assecondare il consistente presidio imprenditoriale italiano. Il vertice di Autamarocchi, in genere incline alla riservatezza, ha recentemente ospitato la presentazione dell’indagine congiunturale di Uniocamere Fvg e ha scelto questa occasione per aggiornare l’identikit di una delle maggiori realtà aziendali triestine.

Realtà che ha tessuto una rete geoeconomica estesa tra Italia centro-settentrionale, Austria, Slovenia, Ungheria, che si amplierà a nord nella metropoli bavarese e che a sud-est cucirà la bandierina alla confluenza della Sava nel Danubio. Un vasto perimetro tra Terni, Cuneo, Vienna, Budapest, Fiume, che racchiude i principali nodi della logistica nazionale: Tortona, Milano, Parma, Bologna, Verona, Padova. Che tocca i principali scali nord-tirrenici (Livorno, La Spezia, Genova, Savona) e nord-adriatici (Ravenna, Venezia, Trieste, Capodistria). Dunque, un curriculum di “partner logistico globale” - precisava una slide - a base di container, depositi, distripark portuali e interportuali.

L’autobiografia di Autamarocchi, fondata nel 1986 e guidata da Oscar Zabai, racconta di cifre importanti: a cominciare da un fatturato di 140 milioni, con una marginalità operativa a due cifre, ottenuto con il lavoro di mille dipendenti, dei quali un paio di centinaia attivo nel quartier generale triestino, con 140 addetti tecnici e amministrativi e una sessantina di autisti. Un quartier generale non distante dal Canale navigabile, confinante con la Frigomar firmata Artoni&Samer. Rispetto ai 140 milioni di ricavi, una fetta valutabile in 17-18 mln viene ottenuta sul mercato estero, dove l’azienda è intenzionata ad accrescere il giro d’affari.

Ingente la flotta camionistica, composta da 720 autoarticolati e da 1270 semirimorchi, che classificano Autamarocchi al terzo posto assoluto nel trasporto camionistico nazionale e al primo posto nel segmento del container. Ed è proprio il container a rappresentare, con 80 milioni di euro, il business di maggiore consistenza producendo, più o meno, il 60% dei ricavi.

La clientela di Autamarocchi - spiega il vicedirettore generale Ervino Harej - è costituita da due grandi famiglie di interlocutori. Se parliamo di container, i rapporti saranno con i gruppi armatoriali e con gli spedizionieri “globali”. Se l’attenzione si volge invece al cosiddetto Ftl (Full truck load), saranno gli industriali a dialogare con l’azienda triestina.

Autamarocchi non disdegna l’approccio con il multimodale, anche se si tratta di una tipologia di servizio ancora residuale: poichè le sponde adriatiche sono già sufficientemente guarnite, si guarda allora al Tirreno, soprattutto alla linea ferroviaria che collega lo scalo di La Spezia all’interporto di Parma. Quindi la nave scarica il container sulle banchine spezzine, poi un convoglio “acquistato” lo reca oltre Cisa e da qui il cosiddetto “ultimo miglio” avviene a cura del camion.

Nel quartier generale triestino una grande sala ospita il centro-controllo del traffico europeo, dotato di videowall: la dirigenza di Autamarocchi molto insiste sull’innovazione tecnologica, che avviene attraverso un proprio software gestionale, sviluppato nell’ambito dell’impresa, e un sistema di localizzazione satellitare integrato al gestionale. L’azienda si fregia della qualità certificata Uni Iso 9001:2008, la sicurezza è monitorata mediante parcheggi dedicati e protetti, sui mezzi “scatola nera” e stampanti. La compagnia assicuratrice di riferimento è Generali. Un occhio, infine, all’ambiente: con un litro di carburante nel 2015 si è viaggiato 3,433 chilometri, decisamente meglio - sostengono in azienda - rispetto 3,2 km/l del 2011.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo