Auto, fallita la trattativa Dagri: «Libri in Tribunale»

Buco da 5 milioni per la “Progetto 3000”, sfumato l’affitto alla Fioretto di Udine In bilico una settantina di posti di lavoro. Da mesi i dipendenti senza stipendio
Lasorte Trieste 02/07/12 - Muggia, Via delle Saline, Concessionaria Progetto 3000
Lasorte Trieste 02/07/12 - Muggia, Via delle Saline, Concessionaria Progetto 3000

Mentre il buco è di 5 milioni di euro, sfuma la trattativa tra i lavoratori e i potenziali acquirenti della concessionaria Progetto 3000 che a Trieste e Staranzano commercializza i marchi Renault, Nissan e Kia.

«Tra oggi e domani porto i libri in Tribunale. Con me ci sarà l’avvocato Ciro Carano che mi assiste», ha dichiarato Lorenzo Dagri, il titolare dell’azienda Progetto 3000 ormai sull’orlo del baratro. Perché, salvo miracoli dell’ultima ora, la conseguenza della cancellazione di un’azienda storica del panorama imprenditoriale sarà la perdita secca di 70 posti di lavoro tra Trieste e Monfalcone. Il verbale con il «no grazie» dei sindacati (alla riunione erano presenti Fabio Baldassi della Fiom Cgil di Gorizia, Ilaria Costantini e Luciano Sartori della Filcams Cgil di Gorizia, Antonella Bressi della Filcams Cgil di Trieste e Stefano Borini della Fiom Cgil di Trieste) all’affitto dell’azienda da parte della società Autonord Fioretto è stato firmato l’altra sera nella sede della Progetto 3000 di Staranzano. È quest’ultima una costruzione avveniristica costata ben 5 milioni di euro e costruita solo quattro anni fa. Un edificio che rischia di diventare una splendida cattedrale nel deserto.

Nel verbale in cui di fatto si rinuncia alla liberatoria (atto necessario per il subentro della società udinese) controfirmato dai rappresentanti sindacali ma anche da Lorenzo Dagri e Giovanni Zanini, amministratore delegato della Autonord Fioretto, si legge che «le organizzazioni sindacali hanno espresso parere sfavorevole circa l’applicazione di una deroga secondo la proposta della società Autonord e confermano la loro indisponibilità a pervenire a un accordo sindacale positivo sulla materia dell’incontro». Insomma, non se ne fa nulla.

La proposta della società udinese, che aveva manifestato la propria intenzione - con un contratto sottoscritto dal notaio - di affittare il ramo d’azienda della Progetto 3000, è stata quella di reintegrare solamente 28 dei settanta dipendenti. Agli altri, definiti esuberi, erano stati offerti complessivamente 50mila euro di incentivo, pari a una mensilità a testa. «L’unica controproposta - ha detto l’ad Giovanni Zanini - è stata quella per noi inaccettabile della cassa integrazione a rotazione. Avremmo penalizzato la clientela in un momento particolarmente difficile del mercato».

«È saltato tutto», ha ammesso Lorenzo Dagri che così sperava «di salvare l’azienda e soprattutto i posti di lavoro». Aggiunge: «Abbiamo fatto tutto quello che era possibile. Ora la decisione spetterà al giudice. La mia speranza è che non si arrivi alla chiusura, ma lo ripeto, ora non dipende da me. Le Case automobilistiche dovranno decidere se vogliono revocare i mandati. Io cercherò di tener duro... Da qualche mese - aggiunge Dagri - i miei dipendenti non prendono lo stipendio. Per qualcuno sono riuscito a recuperare qualche soldo e glielo ho dato, ma quando si trattava di situazioni di emergenza. Ora non so come andrà a finire per queste persone. Quando la corda viene tirata troppo, si rompe».

Il rosso della “Progetto 3000” come si diceva è di oltre 5 milioni di euro. Il passivo è una delle tante conseguenze del crollo del mercato dell’auto che a Trieste in particolare ha assunto proporzioni drammatiche. Le banche già da qualche mese hanno chiuso i ribinetti dell’accesso al credito della “Progetto 3000”. Lo stesso Lorenzo Dagri aveva raccontato qualche giorno fa, quando le speranze del buon esito della trattativa erano ritenute più consistenti: «Renault Italia mi ha imposto di cedere a Fioretto la società. Non potevo fare altrimenti. Se non avessi agito così mi avrebbero revocato i mandati e a casa sarebbero andati tutti i settanta dipendenti». Una speranza che che si è sciolta come neve al sole d’estate. Racconta Dagri: «Oggi (ndr, ieri) mi ha chiamato l’Unicredit con cui avevo una trattativa da mesi. Mi hanno chiesto come va. Io ho risposto: va nel modo come mi avete messo voi». Altro non ha voluto aggiungere.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:crisiauto

Riproduzione riservata © Il Piccolo