Aveva l’auto piena di armi Il giudice condanna il figlio

Cinque anni e cinque mesi oltre a 25mila euro di multa. È stato condannato a questa pena un trafficante di armi destinate a una banda specializzata negli assalti alle banche del Nordest. Si chiama Roberto Marchesini, 42 anni, ed è originario di Mogliano Veneto. A pronunciare la sentenza è stato il giudice Piero Leanza che ha accolto le richeste del pm Pietro Montrone. I difensori, gli avvocati Sergio Mameli e Renato Alberini, si erano battuti per l’assoluzione.
Roberto Marchesini è il figlio di Enrico, 71 anni, l’isospettabile pensionato che nel maggio del 2014 era stato bloccato a Padriciano dai poliziotti della Squadra mobile di Venezia e di Trieste. Era alla guida della sua Volvo 70 bianca, percorreva strade secondarie e guidava in modo guardingo, facendo ad esempio più volte il giro delle rotonde stradali che incontrava proprio per avere la certezza di non essere seguito.
Quando gli agenti della Mobile lo hanno fermato per un controllo non ha detto nulla. Sorpreso e nervoso, è rimasto zitto. Nascosti sotto il pianale del baule della sua Volvo, dove di solito c’è la ruota di scorta, gli agenti poi avevano scoperto le armi. In un secondo momento la perquisizione aveva riguardato anche la casa dell’uomo a Mogliano dove però i poliziotti della Mobile non avevano trovato nulla.
Il nome del pensionato era uscito nell’ambito delle indagini sulla nuova Mafia del Brenta, nel corso delle quali erano state sequestrate altre armi da guerra: cinque kalashnikov, di cui quattro a casa di Luca Cavalletto, 49 anni, di Piove di Sacco, e uno a casa di Michele Gelain, 47 anni, di Marghera, oltre a un fucile mitragliatore, una pistola semi-automatica Glok e una Beretta.
Nel primo interrogatorio davanti al giudice Dainotti, Marchesini aveva giurato che si trattava del suo primo “giro” con delle armi al seguito, armi che non erano per lui, e che era partito per l'appunto non dalla Slovenia bensì dalla Croazia, direzione Silea - comune della provincia di Treviso dove avrebbe dovuto consegnare il carico a uno zingaro di etnia sinti. In cambio non si era parlato di soldi. Il viaggio ad alto rischio per tre paesi, e pure attraverso una frontiera europea con le sbarre ancora abbassate qual è quella tra Croazia e Slovenia, sarebbe dovuto essere - secondo la ricostruzione del pensionato - il saldo di un vecchio conto aperto: un debito contratto a suo tempo dal figlio, tossico di lungo corso, residente proprio in Croazia, verso lo stesso zingaro. Un regolamento di conti personale, insomma, e non un collegamento diretto con la nuova Mala del Brenta, né con gli indipendentisti veneti del trattore trasformato in un improbabile carro armato.
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