Battaglia dei confini fra Slovenia e Croazia: «La Corte europea non ha competenza»

L’Avvocatura generale propone ai giudici di non esprimersi sul ricorso presentato contro Zagabria per l’arbitrato

BELGRADO. L’infinita disputa confinaria tra Slovenia e Croazia? Una questione “privata”, tra Lubiana e Zagabria, in cui l’Unione europea non dovrebbe entrare. Anzi, una faccenda di cui Bruxelles dovrebbe lavarsi definitivamente le mani, lasciando ai due contendenti il compito di risolvere la diatriba. Da soli.

È questo lo scenario che potrebbe concretizzarsi nei prossimi mesi dopo la pubblicazione, ieri, dell’autorevolissima opinione dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia Ue (Cgue), Priit Pikamae, Corte davanti alla quale Slovenia e Croazia sono approdate dopo un ricorso presentato da Lubiana contro Zagabria a causa del non riconoscimento da parte croata della sentenza della Corte permanente di arbitrato (Cpa) che, emessa nel giugno del 2017, aveva definito i confini marittimi e terrestri fra i due paesi Ue.

La Cpa aveva assegnato alla Slovenia quasi per intero la baia di Pirano, cioè l’accesso diretto alle acque internazionali, ma la Croazia ha rigettato la sentenza e ancora oggi si rifiuta di implementarla, sostenendo che la decisione è stata “macchiata” da ingerenze indebite della Slovenia sui giudici della Corte.

A causa della posizione croata, Lubiana ha investito della questione la Corte di Giustizia Ue, con un ricorso per inadempimento della sentenza della Cpa, sostenendo che la Croazia avrebbe violato le leggi europee e per questo dovrebbe essere sanzionata.

La Corte di Giustizia tuttavia potrebbe alla fine non esprimersi sulla questione. È quanto ha suggerito di fare l’Avvocato generale Pikamae, spiegando che non rientrerebbe nelle competenze della Corte – come non rientrava in quelle «della Commissione europea», che non ha rilasciato «una opinione sul tema», ha ricordato Pikamae - intervenire in una disputa del genere.

«Propongo – ha scritto Pikamae – che la Cgue dichiari di non avere giurisdizione» sulla questione, si legge sui documenti ufficiali pubblicati ieri. Questo in particolare perché, ha chiarito l’Avvocatura Ue, «la delimitazione di un territorio nazionale» e dei suoi confini «non rientra nelle competenze dell’Unione europea e, di conseguenza, della sua Corte di Giustizia», bensì è un tema tipico del «diritto pubblico internazionale».

Dato che l’arbitrato «non è stato implementato» e di fatto «il confine tra i due paesi non è stato stabilito», le presunte «violazioni» da parte croata non sarebbero di pertinenza della Corte, ha aggiunto l’Avvocato generale.

Quanto pesa l’opinione di Pikamae? Moltissimo. Anche se non vincolanti, i pareri dell’Avvocato generale vengono in genere recepiti dai giudici della Corte, che dovrebbero pronunciarsi sulla questione nel giro di quattro mesi al massimo. Opinione che ha a irritato Lubiana. Si tratta di un parere «dalla debole argomentazione», ha suggerito il ministro degli Esteri sloveno, Miro Cerar, che si è detto ottimista sul fatto che la Corte non seguirà i consigli dell’Avvocato generale e si esprimerà dunque sul caso, ribadendo che per la Slovenia la sentenza di arbitrato è «valida» e che la Croazia «deve applicarla».

Sulla stessa linea anche il presidente sloveno Borut Pahor e il premier Marjan Sarec, i quali hanno assicurato che la decisione dell’Avvocato generale non va a inficiare la sentenza di arbitrato del 2017 e che è inoltre escluso «un ritorno alla prima casella» di – al momento non immaginabili - negoziati con Zagabria.

Di tutt’altro segno la reazione della Croazia, che per bocca della funzionaria del ministero degli Esteri, Andreja Metelko-Zgombić, responsabile della questione del confine, si è dichiarata «più che soddisfatta» osservando che l’Avvocatura avrebbe «recepito tutti i nostri argomenti». «Il nostro messaggio alla Slovenia rimane lo stesso: siamo pronti al dialogo nell’ambito di rapporti di buon vicinato», ha detto invece il premier Andrej Plenković. —


 

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