Bilanci flop all’Università popolare L’ente verso il commissariamento

Il collegio dei revisori dei conti dell’Università popolare di Trieste ha avanzato richiesta di commissariamento dell’ente. È la prima volta che accade dal 1899, anno in cui l’ente morale fu fondato. Dagli uffici di piazza Ponterosso ieri sono state spedite quattro raccomandate: una indirizzata al ministero degli Affari esteri, una a quello dell’Economia e delle Finanze, una terza alla Prefettura e la quarta alla Regione. Non solo: è stata inviata anche una segnalazione inerente la gestione dei fondi pubblici alla Corte dei conti.
«Non so cosa dire, verrà convocato un consiglio direttivo. Prendo atto di quello che i revisori dei conti propongono», si limita a commentare nervosamente il direttore generale Fabrizio Somma. Che qualcosa stesse per accedere si era percepito. La presidente Cristina Benussi che rimette il mandato, quattro consiglieri che si dimettono, voci che si rincorrono sul buco nelle casse dell’ente, le comunità degli italiani che lamentano ritardi inaccettabili nell’avvio delle loro attività, tanto da chiedere un incontro con il governatore del Fvg Massimiliano Fedriga. Cosa abbiano allegato alla richiesta i revisori Massimo Spinetti, Francesco Briganti e Carmela Amabile non è ancora emerso.
Il collegio, come accade per 11 volte all’anno, si era riunito nei giorni scorsi negli uffici dell’Upt. Ieri sera il verdetto, scaturito verosimilmente anche dal perdurare di una situazione debitoria dell’Università popolare che, da indiscrezioni, sembra essere più consistente di quanto prospettato negli ultimi tempi. Il buco ammonterebbe infatti a 750 mila euro e non a 300 mila, come ipotizzato in un primo momento.
Ad aggravare la situazione ci sarebbero dei prelievi effettuati dall’ente dal conto nel quale vengono versati i fondi relativi alla legge 73 e destinati alla realizzazione di iniziative per le comunità italiane oltre confine, e dal Fondo di riserva per l’anticipazione delle spese relative alla medesima voce. Un giroconto, insomma, dal “deposito” per le attività oltre confine a quello attraverso cui viene gestita l’amministrazione ordinaria dell’ente. Un sistema che negli anni, visti i bilanci di Upt, si è arrugginito, non consentendo più il ripristino di quella sorta di “prestito” da un conto all’altro. «Ho accerttato che il deficit è iniziato nel 2014 – spiega Piero Colavitti, il consigliere appena nominato dal Comune al posto del dimissionario Roberto Fermo –, ora bisognerà verificare se quei soldi attinti dal fondo relativo alla legge 73 sono stati utilizzati per attività lecite e previste. Per risistemare le casse di Upt, più che un commissario forse serve ripristinare velocemente un cda che lavori per risollevare la situazione dell’ente». —
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