Bono: collaboriamo o qui si affonda

Aut aut ai consiglieri comunali e alla città. «Gli appalti? Una necessità». «Per Panzano 5-6 anni di lavoro assicurato»
Di Giulio Garau
Bonaventura Monfalcone-17.12.2014 Incontro con Bono-Consiglio comunale-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-17.12.2014 Incontro con Bono-Consiglio comunale-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Fincantieri ha un portafoglio ordini in grado di garantire al cantiere di Monfalcone lavoro per almeno altri 5-6 anni, fino al 2020 e forse oltre con le navi da crociera. Ma le “prestazioni” del cantiere, che è il più grande e quello tecnologicamente più avanzato e con meno problemi strutturali, sono quelle «peggiori di tutto il gruppo» per assenteismo, infortuni, malattie e produttività. È in gioco il futuro del lavoro a Monfalcone e in tutto il Nord Est, o la città accetta la situazione in un quadro di “economia globale” in cui deve navigare la Fincantieri e “assieme all’azienda” magari in un “tavolo permanente” di discussione a disposta a discutere di tutti i nodi e problemi sul tavolo e a provare a risolverli in maniera “congiunta” e costruttiva, altrimenti il futuro della Fincantieri potrebbe essere altrove.

È stato schietto come sempre l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono durante l’audizione in Consiglio Comunale, «Senza appalti la nave non la facciamo» ha ripetuto più volte, «magari ci fossero saldatori italiani, non ce ne sono, i giovani non si sono mai nemmeno presentati ai corsi che abbiamo proposto, li dobbiamo prendere all’estero e per fortuna che ci sono». E ha spiegato anche che le condizioni economiche globali sono queste e che se si vuole restare a galla o eccellere come Fincantieri si deve accettare la realtà, altrimenti si è fuori.

Ma altrettanto schietti e tosti sono stati anche gli interventi e in particolare le domande dei consiglieri, e ancora di più il sindaco Silvia Altran che nel suo saluto introduttivo ha fatto presente più volte come la città «sia stata vicina a Fincantieri stringendo i denti nei momenti di crisi» ed ora che ci sono le commesse e Fincantieri è diventata una multinazionale «ci auguriamo che le cose cambino», che si affrontino i nodi sociali, urbanistici, economici. Ma soprattutto quella della “convivenza forzata” con gli stranieri cresciuti al 19,4% e della legalità del lavoro. Il sindaco ha usato un termine molto forte: «chiediamo che si avveri anche quel Welfare sociale di cui la stessa Fincantieri parla».

Non c’è un argomento che non sia stato sfiorato ieri sera, i nodi sono comparsi tutti sul tavolo. E accanto schiettezza e alla pacatezza del confronto si è aggiunta la sensazione di fredda consapevolezza che l’economia mondiale non permette per ora molte scappatoie. «Ci rendiamo conto di essere invasivi e pesare sul territorio su tutti i punti di vista - ha detto Bono - e per questo alcune cose, alcune soluzioni le possiamo trovare. Ma dobbiamo farlo assieme e non possiamo certo risolvere tutti i problemi del mondo». Più che un aut-aut una richiesta accorata quella dell’ad di Fincantieri: «Bisogna cambiare atteggiamento verso l’industria e verso Fincantieri, c’è una cultura in Italia anti industriale che sta distruggendo e impoverendo il Paese, stiamo andando alla rovina, si sta deindustrializzando per legge». Fincantieri, ha insistito il numero uno dell’azienda «Non può continuare ad essere accusata di portare virus e illegalità, noi portiamo lavoro, crescita economica e innovazione nel Paese». Problemi quelli della legalità che la stessa Fincantieri, ha ricordato Bono, ha cercato di affrontare da subito «siamo anche andati dal Prefetto, era il 2009, per chiedere un protocollo di legalità». Ma alla fine l’azienda è stata lasciata sola anche nella richiesta, a tutte le ditte, del certificato antimafia: «Non è il nostro compito, non siamo carabinieri, siamo costruttori di navi».

Un panorama a 360 gradi, fatto ora dal vertice di un gruppo che non è più solo monfalconese e nemmeno più solo italiano, che potrebbe, se costretto perchè soffocato da battaglie legali e burocrazia, in paesi vicini dove l’atteggiamento verso le industrie è migliore se non addirittura attrattivo. Anche perchè, ha detto Bono «È ormai un dato di fatto che noi le navi da crociera anche a Monfalcone le facciamo in pari se non in perdita. Non ci guadagnamo più, lo facciamo soltanto perchè ci dà immagine nel mondo, perchè nessuno come noi riesce a fare prodotti tanto belli e complessi». Ma se il cantiere non cambia registro «passando finalmente dai 9 milioni di ore di lavoro agli 11-12 milioni come era prima della crisi» e se l’atteggiamento della città non diventa più positivo il sogno potrebbe presto finire e anche il futuro della città

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