Bosnia nella “lista nera” delle banche Ue

Declassamento per il mancato ok a norme antiterrorismo e antiriciclaggio. Sos degli istituti: già bloccate alcune transazioni

ZAGABRIA. La Bosnia Erzegovina è finita nella "lista nera" degli istituti bancari europei, in compagnia dell'Afghanistan, dell'Iraq, della Siria o ancora dello Yemen, con la conseguenza che alcuni account di banche bosniache sono stati bloccati o chiusi dagli equivalenti europei. Si tratta - fa notare la Reuters - dell'unico paese europeo a essere inserito «nell'elenco degli stati che costituiscono un alto rischio per il sistema finanziario dell'Ue».

Ma cosa ha fatto Sarajevo per meritarsi un tale declassamento? Alla base della decisione europea vi è la mancata approvazione, da parte bosniaca, di una serie di norme tese a impedire il finanziamento del terrorismo ed il riciclaggio di denaro. Il Gruppo di azione finanziaria (Fatf/Gafi), l'organismo intergovernativo sui cui rapporti viene definita la lista nera Ue, aveva invitato la Bosnia a modificare la propria normativa in materia di riciclaggio ancora un anno fa e Sarajevo si era impegnata ad assicurare l'entrata in vigore della riforma, ma da allora, il processo legislativo si è inceppato, portando alla dura reazione di Bruxelles.

«Ci saranno delle conseguenze sulle banche, sui clienti e sugli investitori e il prezzo più alto sarà pagato dai cittadini e dalle imprese», avverte Mijo Mišic, il segretario generale dell'Associazione bancaria bosniaca (Ubbih). Intervistato dalla Reuters, Mišic sostiene che «il processo avviato subirà un'escalation se non lo fermiamo» e che c’è il rischio che vengano colpite sia le rimesse che arrivano dai bosniaci all’estero - e che costituiscono l'11% del Pil nazionale - sia i pagamenti sulle esportazioni, i cui costi di transazione potrebbero salire. Dello stesso avviso Željko Šain, docente dell'Università di Sarajevo, intervistato da Radio Europa Libera. «La situazione complessiva è destinata a peggiorare e se ne renderanno conto sia le persone fisiche che le persone giuridiche», analizza il professore, che mette in guardia da un «collasso»" dell'economia bosniaca che già perde parte del suo rating e subirà ora un aumento del costo del capitale.

Mentre la Deutsche Bank ha già bloccato più di 500 versamenti e prelievi dalle banche bosniache nella sola settimana in corso, il ministro della Sicurezza bosniaco Dragan Mekti„ confida ai microfoni di Al Jazeera Balkans di non essere ottimista. Anche se la Bosnia Erzegovina è piuttosto in una «lista grigia» che in una «lista nera» - tiene a precisare il ministro - i controlli rafforzati da parte degli istituti di credito europei permangono e «le sanzioni più rigorose devono ancora arrivare», considera Mektic, che immagina «una situazione sempre peggiore man mano che passano i giorni».

Perché non adempiere allora alle normative anti-riciclaggio? Perché, spiega il ministro, per «la maggior parte delle richieste contenute nel Piano di azione finanziaria» la competenza ricade sul «livello di potere delle due entità» che compongono il paese, ovvero la Republika Srpska (Rs) e la Federacija croato-musulmana (Fbih), sulla cui autonomia il governo di Sarajevo non può interferire.

Data la scadenza fissata dal Fatf a gennaio 2017, Mektic ha fatto sapere di dunque essere poco ottimista sulla possibilità che entrambe le entità e il governo centrale riescano ad approvare le riforme in tempo. Sarajevo dovrà allora puntare sui canali diplomatici e politici. La delegazione europea in Bosnia Erzegovina ha confermato che le banche straniere introdurranno dei controlli supplementari sulle transazioni sospette, ma ha assicurato che ciò non implica alcun tipo di sanzioni. «Il nostro obiettivo ultimo è la rimozione (del paese) dalla lista», ha assicurato a Reuters la portavoce della delegazione Ue.

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