Una sciarpa alabardata per l’ultimo saluto a Bruno Rocco

Ha avvolto la bara di Bruno Rocco in una chiesa gremita: «Nella sua vita è stato il figlio del Paròn e molto altro»

Lorenzo Degrassi
I funerali di Bruno Rocco (Silvano)
I funerali di Bruno Rocco (Silvano)

La chiesa di San Vincenzo de’Paoli è gremita in ogni ordine di posto. Panche occupate, persone assiepate lungo le navate, qualcuno è costretto a rimanere fuori, davanti al sagrato. Un silenzio carico di rispetto ha accompagnato alle 14 in punto l’ingresso della bara di Bruno Rocco, avvolta in una sciarpa dai colori rossoalabardati: un simbolo semplice ma eloquente, perché quelle tinte raccontano di lui, della sua giovinezza sul campo, dei suoi sogni di gioventù e di una città che nel calcio – e nel nome della famiglia Rocco – ha sempre trovato un collante profondo.

Lutto nel calcio triestino: morto Bruno Rocco, figlio del Paròn
Foto Lasorte

Bruno, figlio primogenito dell’indimenticato Nereo, “el Paròn”, si è spento nei giorni scorsi alla soglia degli 85 anni. La notizia della scomparsa di “Bruce”, come l’hanno ricordato anche i familiari nel necrologio, ha colpito Trieste, che in lui non vedeva soltanto l’erede di un cognome pesante, ma un uomo dalla presenza discreta e dall’animo generoso.

E  la Trieste calcistica (e non solo) si è riversata nella chiesa di via Vittorino da Feltre. Fa caldo nella chiesa gremita. In prima fila e tutt’attorno, accanto alla moglie Loredana, alle figlie Donatella e Michela, al fratello Tito, ai nipoti e al pronipote che lo aveva da poco reso bisnonno, c’è un’intera comunità: amici, conoscenti, rappresentanti delle istituzioni, compagni di vita e di sport. Volti noti e meno noti della Trieste calcistica e sportiva, figure istituzionali e rappresentanti del mondo calcistico dilettantistico hanno voluto stringersi in un abbraccio collettivo.

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Bruno Rocco. Foto Lasorte

Tra i presenti l’assessore regionale all’Ambiente Fabio Scoccimarro, quello comunale alla Cultura Giorgio Rossi, l’ex vicesindaco Gilberto Paris Lippi, l’ex centrocampista rossoalabardato Nicola Princivalli, Marcella Skabar con il labaro dell’Associazione Atleti Azzurri d’Italia di Trieste.

E ancora: l’ex arbitro internazionale Fabio Baldas, gli allenatori Attilio Tesser e Massimo Giacomini, Ernesto Mari per il Coni provinciale, la figlia di Pietro Pasinati, storica bandiera alabardata. Non sono mancati i rappresentanti del Milan, la squadra che il padre Nereo condusse alla gloria e che, per un attimo, fu anche un sogno giovanile per Bruno. A mancare, invece, è stata la Triestina intesa come società, che non ha mandato nessun suo rappresentante alla cerimonia. Un’assenza che non è passata inosservata alla maggioranza dei presenti.

La cerimonia è stata officiata dal vicario di San Vincenzo de’ Paoli don Davide Lucchesi, in sostituzione di don Mario Vatta, impossibilitato a presenziare. Nella sua omelia, don Davide ha voluto sottolineare come «la perdita di una persona cara rappresenta uno schiaffo nella vita di chi resta».

Allo stesso tempo, però, ha invitato parenti e amici a «non cedere alla tentazione di ripiegarsi nella nostalgia, sfogliando soltanto l’album delle fotografie passate», invitando perciò chi gli ha voluto bene a guardare oltre: «Per Bruno non si conclude la vita e basta, ma c’è una prospettiva. Dio stesso desidera che chi ha vissuto rimanga in continuità con lui. Per questo noi non dobbiamo guardare soltanto al passato, a ciò che ha fatto, ma a quello che ancora farà nelle nostre vite. Oggi piangiamo un uomo che ha vissuto con sobrietà e umanità – ha concluso don Davide – e ci raccogliamo attorno alla sua famiglia per ricordare e ringraziare Bruno. Non “il figlio del Paròn” ma semplicemente Bruno: marito, padre, nonno, bisnonno, amico».

Accorati e intensi i ricordi delle due figlie. Donatella, nel ringraziare i presenti per la vicinanza, ha voluto condividere il tratto più caratteristico del padre: «In questi ultimi tumultuosi giorni, segnati dalla sua veloce uscita di scena, in famiglia abbiamo pensato che sarebbe bello portare con noi ciò che papà faceva tutti i giorni: vivere la vita con allegria e leggerezza». La sorella Michela in lacrime ha quindi aggiunto: «Aveva una buona parola per tutti. Grazie per la leggerezza che ci hai lasciato e, da parte della famiglia, grazie per questo abbraccio speciale che ci avete dato in questi ultimi, difficili giorni e che ci ha fatto sentire al sicuro. Buon viaggio, papà».

Molti dei presenti hanno richiamato, sottovoce, una Trieste di domeniche allo stadio “Grezar” e di mattine di lavoro, dove la fatica è misura e il tono non sale. È la stessa trama che ha accompagnato la vita di Bruno Rocco: la compostezza del gesto, l’ironia breve, la capacità di ascoltare. Valori quotidiani, forse meno appariscenti, ma destinati a durare perché si trasmettono tramite esempi più che attraverso proclami. L’ultimo saluto, accompagnato da una sciarpa rossa con sopra scritto “Cuore alabardato” e da una chiesa gremita, ha restituito l’immagine più autentica di ciò che Bruno Rocco è stato: una presenza silenziosa ma solida, capace di lasciare un segno nella vita di chi lo ha conosciuto. —

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