Buzzin ambasciatore del Friuli tra i ghiacci della Calmucchia

Un Ulisse cormonese che ha scelto il freddo e la neve della steppa russa invece del caldo mare Mediterraneo. O anche un Gengis Khan del Collio per questa sua attitudine a conquistare terre gelate dove vivono popoli dagli occhi a mandorla. O ancora, un Marco Polo dei nostri giorni, nel sangue lo stesso spirito d’avventura, la medesima determinazione dell’uomo del Nord-est, un’uguale passione per l’estremo, con la differenza che il viaggiatore veneziano fu un pioniere dell’avvicinamento al colosso cinese, mentre quello cormonese esplora quei luoghi affascinanti e gelidi chiamati Siberia. O Calmucchia, come in quest’ultimo caso.
Sono tanti, e diversi, i modi con cui si può catalogare Adalberto Buzzin, avventuriero partito a inizio gennaio per l’ennesima impresa: proprio come un novello Ulisse, un nostrano Gengis Khan, un odierno Marco Polo, punta un obiettivo laggiù, in un mondo lontano e misterioso, e lo centra. Stavolta i suoi occhi curiosi hanno conosciuto gli ultimi cosacchi, popoli nomadi che vivono da sempre i territori tra Russia e Asia Centrale. Per questo è andato fino in Calmucchia, area dove si parla una lingua mongolica. E lì il viaggio di Buzzin ha attirato addirittura l’interesse dei media locali. «La tv russa – racconta – dopo avermi conosciuto potrebbe addirittura venire in Friuli per raccontare la storia dei cosacchi di Resia, per approfondire queste vicende particolari che hanno unito le nostre due terre».
Buzzin si è rivelato, infatti, una sorta di ambasciatore del Friuli e di Cormons in queste settimane di permanenza nelle gelide steppe russe: ha consegnato alle autorità locali i vessilli della nostra regione e del suo Comune di origine. «Gentilezza, ospitalità e sorrisi sinceri questi sono stati i momenti must del mio viaggio nei villaggi cosacchi. Ho sentito mille storie, ho appreso mille aneddoti, ho provato mille emozioni: le sorprese, qui, sono sempre dietro l’angolo. I cosacchi sono gente meravigliosa».
Questo a dispetto delle oggettive difficoltà pratiche. «Ho fatto 4.200 chilometri su strade molto brutte causa il ghiaccio: un calvario – racconta – in Calmucchia i villaggi sono tutti uguali, sepolti dalla neve ma ogni porta che si apriva era una favola da raccontare. La steppa è un mare di neve battuto dal vento gelido: a causa del freddo una macchina fotografica è andata fuori uso. Ma quando hai a che fare con la Russia – la descrive romanticamente Buzzin – non puoi programmare nulla, devi solo confidare in lei». Tra i vari episodi che lo hanno visto protagonista, anche quello dell’accoglienza in una tipica casa del luogo: «In segno di amicizia e di fratellanza ti offrono un goccio di vodka con il calice appoggiato sulla sciabola cosacca: lo devi bere così, perché è il loro modo per dirti che sei uno di loro».
Tante le foto scattate così come i video girati da Buzzin in queste settimane alla scoperta del pianeta-cosacco. Diventeranno un reportage che lui stesso realizzerà per raccontare come un Ulisse cormonese, un Gengis Khan del Collio o un Marco Polo dei nostri giorni possa entrare nel cuore, aperto e sincero, di un popolo lontano come quello cosacco. –
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