Cacciatori e anche buongustai facevano tappa alla Stella d’oro

la rubrica
Racconta Ranieri Mario Cossàr nella sua “Gorizia d’altri tempi” (1934) della prima battuta di caccia dell’anno, che dall’Ottocento si svolgeva tradizionalmente nella Valdirose, lungo la strada per Vienna:
«Ai primi albori della fredda, prima giornata di gennaio, mentre le stelle stavano spegnendosi una per una nel cielo turchino, davanti la locanda alla Stella d’oro in piazza Sant’Antonio sostava una carrozza a due cavalli del vetturino Grusovin.
Era quello il luogo di ritrovo dei cacciatori goriziani. Verso l’ora prestabilita si vedevano sbucare dalle contrade finitime dapprima i cani da caccia, poi i cacciatori imbacuccati nelle soffici pellicce invernali. Raggiunta la locanda … venivano scambiate quattro parole sulla prognosi del tempo e congedatisi dal locandiere, se questi in quel giorno non era della partita, salivano nella vettura. Uno schiocco di frusta metteva al trotto i cavalli per la via Dreossi (Stradi gnòvis) verso la Baita o l’Aissovizza».
Poi a mezzodì «al tocco, o poco appresso, i cacciatori pranzavano da Giuseppe Mermolia (cal Peppo). Tra le pietanze immancabili v’erano il risotto con la dindietta, i cappucci acidi (capùs garbs) con le costole salate di maiale (cuèstis di pursèl), il radicchio rosso (lidrich vreàs) con le uova sode (us durs) e le salsiccie soffritte nel vino (lujànis fritis tal vin). Dei fiaschi (doplis) di vino Verduzzo (Verdus) di Santa Croce e, a pranzo finito, una tazza di caffè nero con l’acquavite di grappa (sgnàpa) favorivano la digestione» dopodiché «al calar delle ombre i seguaci di Diana ritornavano in città con la carniera in spalla, carica di selvaggina prelibata. Verso le venti usavano andar a fare la partita di tressetti alla Stella d’oro colle carte del caustico patriotta Virginio Mengotti, che aveva la sua fabbrica di carte da giuoco in Cocevia e poi in Piazza San Rocco», dopo le lepri e i fagiani cucinati dalla signora Gullin, la cui la famiglia ha gestito l’osteria di piazza Sant’Antonio fino agli anni Novanta.
Dell’antica locanda, che in origine si chiamava Stella Polare, è rimasta l’insegna del XIIX secolo, senz’altro la più antica in città, ben restaurata nel 2015 da Elisa Iacuzzo e Lucino de Tommaso, con il ripristino dell’aquila portatrice della corona d’alloro contenente la stella a sette punte, come i giorni della settimana, che indorata da uno dei proprietari succedutisi, in un momento imprecisato ne ha modificato il nome in Stella d’Oro. —
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