Caldaie o stufe vecchie nelle abitazioni: il 68% delle emissioni di Pm10 viene da lì

Il rinnovo degli impianti di solito si effettua dopo la metà di aprile ma l’emergenza sta creando problemi per il via ai lavori



A Trieste l’incidenza degli impianti di riscaldamento domestico sull’immissione totale di Pm10 nell’aria è, secondo gli ultimi dati Ispra, superiore a quella generata dal trasporto su strada o dall’attività industriale. L’impatto sull’inquinamento di caldaie, stufe, caminetti in città è pari al 68%, quando i mezzi di trasporto su strada incidono per l’8% e l’industria per il 13%.

Un dato superiore alla media nazionale che si attesta intorno al 60%, e determinato in larga parte dalla vetustà degli immobili in città. Basti pensare che l’80% delle abitazioni condominiali di Trieste è stato costruito prima del 1970. Oltre metà degli edifici dove vivono le famiglie triestine risulta composta da palazzi energivori, con dispersioni termiche rilevanti, impianti di vecchia concezione, in alcuni casi alimentati ancora a gasolio. Il report di Ispra “Qualità dell’ambiente urbano”, che monitora le diverse fonti di emissioni di Pm10, evidenzia come, tra il 2005 e il 2015, a Trieste quella rappresentata dai riscaldamenti sia stata l’unica a crescere, del 59% per l’esattezza.

«I benefici fiscali, gli ecobonus, pari oggi al 65% per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici – spiega Giorgio Golinelli, amministratore delegato di AcegasApsAmga Servizi Energetici (Ase), società che interviene sull’efficienza energetica dei condomini con riscaldamento centralizzato – hanno spinto negli ultimi anni molti condomini a decidere di avviare gli interventi utili a rendere gli immobili dove vivono più performanti dal punto di vista del riscaldamento con, ad esempio, la sostituzione dei gruppi caldaia, il rinnovo degli infissi o la realizzazione di cappotti esterni».

Lavori di riqualificazione importanti che si avviano dopo la metà di aprile, quando con lo spegnimento degli impianti di riscaldamento termina la cosiddetta “stagione termica”. L’emergenza coronavirus, quest’anno, sta però imponendo agli amministratori stabili anche di Trieste una corsa contro il tempo per riuscire a far deliberare dalle assemblee l’esecuzione dei lavori di riqualificazione energetica degli immobili. Le assemblee, in questo caso, sono sempre straordinarie visto che l’intervento sullo stabile è rilevante e, di conseguenza, prevede un impegno di spesa importante. «Servirebbe – evidenzia Attilio Lombardo, titolare della Gestionistabili – che un decreto del Governo riconosca, almeno per questo periodo di emergenza, la validità delle assemblee effettuate attraverso piattaforme informatiche, altrimenti non sarà possibile approvare l’avvio dei lavori, con un danno importante nei prossimi mesi per l’indotto di molte aziende artigiane».

«La riqualificazione termica, a seconda delle condizioni di partenza dell’immobile – spiega Golinelli –, può portare a risparmi rilevanti, nell’ordine anche del 70-75%, che ovviamente si riversano sia in bolletta che nel miglioramento della qualità dell’aria». Per sostenere le consistenti spese, alcune società sono oggi in grado di anticipare ai condomini la totalità del credito fiscale maturato per l’intervento, grazie alla cessione del credito d’imposta. «In questo modo – specifica Golinelli – le famiglie possono beneficiare immediatamente della totalità del vantaggio fiscale che viene detratto dall’investimento iniziale. Sarà, nel nostro caso, poi Ase in 10 anni a riscuotere il credito ceduto dalle famiglie. Il Decreto Salva Italia, previsto per metà aprile, potrebbe portare tale detraibilità dal 65% al 100%». Ora la società del gruppo Hera riserva anche un trattamento personalizzato per la singola famiglia del condominio, che sarà libera di scegliere se cedere o meno il proprio credito d’imposta (65% dell’importo) ad Ase e di rateizzare anche il restate 35%. —



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