Camerini: «Servono vertici all’altezza. Grave la perdita di medici»

«Servono manager all’altezza, che abbiano chiaro il ruolo dell’ospedale in regione e in Italia. E che non si lascino sfuggire i professionisti più bravi, perché la qualità passa attraverso le persone». Fulvio Camerini, classe 1925, medico di fama internazionale, fondatore della cardiologia a Trieste, è testimone della rivoluzione della pediatria in Italia partita da Trieste, dal Burlo, con Panizon e Nordio. «Con loro, a cominciare dagli anni Settanta, ho condiviso principi ed esperienze della medicina che stava cambiando» ricorda l’ex senatore.

Camerini, se l’aspettava una situazione di questo genere al Burlo?
Va fatta una premessa. Il Burlo, quando è diventato Irccs, poteva vantare alcuni aspetti peculiari: direzioni che sapevano guardare lontano e personale di qualità, soprattutto nella pediatria. Medici eccezionali, di gran lunga al di fuori della media. Mi riferisco in primo luogo a Panizon al quale negli anni Ottanta tutta una serie di pediatri in Italia guardavano per tagliare con il vecchio modello di ospedale. Lui ha cambiato la pediatria nel Paese. E penso a Nordio e alla sua metodologia di insegnamento. Difficile mantenere i loro standard, anche se negli anni successivi la nostra pediatria ha continuato a portare avanti grandi risultati scientifici.
Cosa è successo invece, secondo il suo punto di vista, negli ultimi anni?
Quando si dà un giudizio su un ospedale uno dei criteri è l’afflusso, intendo soprattutto chi viene da fuori perché attratto dalla qualità. E il numero di pazienti in “fuga”, cioè chi va a curarsi altrove.
Proprio su questo punto è stata documentata una diminuzione considerevole: il Burlo è quindi in declino?
Se si rileva un elevato calo di persone che vengono a curarsi o che ci sono forti segnali di disagio sui tempi di attesa, allora i vertici deve rendersi conto che si sta andando incontro a un’involuzione del sistema ospedaliero. Chi è a capo di una struttura come il Burlo deve essere lungimirante e creare uno spirito di squadra. I punti negativi vanno subito identificati e corretti. Altrimenti, se non si interviene, si diventa corresponsabili. Io per esperienza posso dire che le cose si possono correggere. E, va detto, non è che è la Regione ad essere cattiva.
Lei sta dicendo che la causa sta nel management che guida l’Irccs?
La direzione deve identificare gli obiettivi e sapere fare valutazioni. Se ci si trova di fronte a risultati negativi, si devono correggere. Insomma, si deve sapere prendere decisioni. Se non lo fai, se un direttore non lo fa, significa che è inadatto al ruolo e corresponsabile di un sistema che frana.
Cosa va cambiato? Cosa suggerisce lei?
Innanzitutto i vertici devono avere molto chiaro il ruolo del Burlo a livello triestino e regionale. Perché quell’ospedale deve essere un centro di riferimento per l’intero Friuli Venezia Giulia e oltre. Poi si deve fare in modo che negli snodi strategici ci siano figure di grande qualità e riferimento. Invece molti professionisti di punta se ne sono andati altrove. Si deve far di tutto per attrarre professionisti e non si devono perdere. Se ho un medico bravo, di punta, devo fare di tutto perché rimanga. Il compito di un manager è questo, perché un sistema di qualità si basa sulla validità delle persone. Penso al dottor Francesco Fanfani (chirurgo ginecologo tra i più quotati, tornato a Roma, ndr): l’altro giorno un collega medico di una certa autorevolezza mi ha raccontato che si è rivolto a lui per un problema di una sua paziente. In altri termini non ha fatto riferimento al Burlo, ma a Fanfani che ora lavora a Roma. I professionisti di grande valore diventano polarizzanti. (g.s.)
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