Camerunensi, una comunità integrata

La comunità dei camerunensi residenti nel Friuli Venezia Giulia al primo gennaio 2015 secondo l'Istat era di 416 persone e di queste, quasi la metà abitano in provincia di Trieste. Per capire come questa comunità viva e si sia integrata nel capoluogo regionale, abbiamo posto a quattro camerunensi di età diverse alcune domande sulla loro esperienza. Ci siamo informati sui motivi del trasferimento in Italia, sulle difficoltà incontrate, sulle relazioni strette nell'ambiente di studio o di lavoro e sull'effetto che ha avuto vivere in due realtà completamente diverse.
Dei quattro intervistati, tre sono venuti per studiare, mentre Lucie è venuta "per cercare un futuro migliore" e proprio a Trieste perché qui aveva un parente che l'avrebbe accolta. Adrien, a Trieste da 11 anni, ha deciso di venire "per vivere un'esperienza diversa rispetto alla realtà africana"; ha scelto Trieste perché "la prima volta che l'ho vista mi ha colpito, soprattutto per il mare". Charlotte la più giovane, arrivata in Italia 5 anni fa, dice: "Per tutto il primo anno la relazione con gli studenti era difficile". Poi ha conosciuto una ragazza molto gentile e accogliente che l'ha fatta "integrare".
Per quanto riguarda l'impatto con il mondo lavorativo, Lucie, dopo vari impieghi, ha trovato quello attuale a tempo indeterminato grazie a un corso di formazione di due anni per operatore socio-sanitario. Del rapporto con i colleghi dice che è molto professionale e amichevole, senza ostilità.
Joseph dopo la laurea ha svolto varie attività di manutenzione e progettazione in più aziende, mentre ora si è messo in proprio. Adrien invece lavora come addetto mensa, con i colleghi dice "ho una buona relazione, tra noi non c'è conflittualità poiché svolgiamo compiti diversi".
Sembra sia stato più facile trovare lavoro, a parte la crisi, piuttosto che l'alloggio; Adrien afferma che "ci sono molti pregiudizi e richieste di documentazione rivolte esclusivamente agli stranieri", mentre Lucie spiega: "Ci sono molte paure nei nostri confronti: spesso non si affitta la casa a uno straniero perché probabilmente ci abiteranno molte più persone, per risparmiare e per l'abitudine alla condivisione".
Per concludere, abbiamo chiesto un commento sull'influenza che l'esperienza di vivere in un Paese europeo ha avuto sul loro modo di pensare. Joseph dice di essere stato in contatto con la cultura occidentale già nel Camerun, infatti è andato ad abitare in città e ha studiato, e questo gli ha permesso di aprirsi culturalmente. Aggiunge però di essere meno aperto ora perché, arrivato in Italia e finita l'università, in ambiente lavorativo è venuto a contatto con persone di livello scolastico e culturale piuttosto basso e di mentalità chiusa. In conclusione, dice che "tra gli italiani, così come tra i camerunensi, ci sono quelli più aperti verso gli altri e verso le altre forme di cultura e quelli più chiusi e perfino ostili e diffidenti verso di esse". Adrien invece individua da parte degli stranieri degli ostacoli all'apertura mentale e all'integrazione, tra cui la religione.
Lucie è entusiasta, perché in Italia è libera di pensare autonomamente e di fare le proprie scelte e afferma di poter ora criticare degli aspetti della sua cultura d'origine. Infine Charlotte ha visto questa esperienza come un'opportunità per crescere, "che permette di capire gli altri, senza pregiudizi e chiusure"; il suo orizzonte però va oltre l'Italia, dove "le persone non sono molto accoglienti" e si apre a tutta l'Europa, in cui pensa sarà più facile trovare lavoro.
Anna Simo Kenmogne
IV Beta
Liceo Carducci
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