Canali della laguna insabbiati «Dragaggi prima possibile»

Chiesta una regolamentazione “stabile” per la manutenzione regolare delle vie di comunicazione. I fanghi siano riutilizzati per rinforzare tutti gli argini



Canali della laguna intasati dai fanghi. Le associazioni che operano in laguna esasperate alla pari dei singoli concessionari, si sono fatte promotrici di un’azione di sollecitazione per cercare di arrivare prima possibile al dragaggio delle cavane e dei piccoli canali della laguna. Lo hanno fatto attraverso il Comune che si è fatto promotore di una conferenza stampa alla quale è intervenuto anche il sindaco Dario Raugna.

Non solo proteste, però, ma anche proposte, peraltro supportate da indicazioni di normative che consentirebbero questo intervento che a Grado, ma anche a Marano Lagunare, è atteso ormai da anni. Da quando, cioè è entrata in vigore la normativa nazionale. «La precedente amministrazione regionale – affermano i responsabili di Grado Voga, dei Graisani de Palù, del Circolo Nautico Grado Pineta, dell’associazione Nautica Aquileia e della Cooperativa Pescatori –aveva iniziato un percorso che puntava a riprendere una regolare attività di manutenzione dei canali lagunari». E aggiungono di ritenere, in «piena sintonia con quanto espresso proprio recentemente dal Pd gradese», che questo percorso vada portato avanti inserendo una forma di regolamentazione a livello regionale che permetta ai concessionari dei casoni e delle valli da pesca di richiedere l’autorizzazione all’escavo. «Ma con modalità – precisano ancora – che per complessità e lunghezza non siano superiori a quelle richieste per una pratica edilizia per la propria abitazione e che tenga conto della quantità di materiale da movimentare». Per l’esattezza chiedono ai sensi dell’articolo 109 del Decreto Legislativo 152/2006 la possibilità di utilizzo diretto del materiale di escavo per le “opere di ripristino”, quali il rinforzo delle arginature della mota, dandone solamente comunicazione all’autorità competente. Un tanto poiché lo stesso Decreto Legislativo esclude i sedimenti che non sono pericolosi.

In sintesi le associazioni locali (il sindaco Raugna ha già inoltrato il documento all’assessore regionale competente) chiedono, dunque, di utilizzare il fango scavato nelle cavane di poterlo rimettere negli argini dal quale è caduto fino a un massimo di 150 metri cubi. Chiedono ancora di escludere questi “interventi minori” i campionamento di sedimi in quanto il materiale è analogo a quello dei terreni da ripristinare. Questo anche in armonia al Decreto del 15 luglio 2016, numero 173 che esclude l’iter autorizzativo per gli interventi per “le operazioni di ripristino degli arenili” e per “le movimentazioni di sedimi in loco funzionali all’immersione dei materiali”. Altra richiesta che viene fatta è che ci possa essere un’autorizzazione agli escavi con un’unica richiesta per più soggetti utilizzabile in più anni, evitando così che ogni singolo escavo abbia dei costi esorbitanti senza contare gli obblighi burocratici. Infine viene richiesto che venga stabilito che siano gli enti pubblici, in particolare la Regione e il Comune con il supporto tecnico dell’Arpa, a individuare le aree e i siti di deposito materiale di escavo. In conclusione i responsabili delle associazioni che si sono fatte promotrici dell’iniziativa ricordano che la salvaguardia dell’ambiente lagunare è fondamentale oltre che per la tutela ambientale anche per l’esercizio dell’uso civico riconosciuto alla comunità di Grado. «È ovvio – concludono – che dopo anni in cui sostanzialmente era impossibile fare degli escavi in laguna, si sono aperte diverse possibilità nella normativa nazionale e nei piani regionali; crediamo pertanto che sia fondamentale agire ora per evitare ulteriori aggravamenti della situazione sia in termini di costi che di perdita in termini cuturali e ambientali». —



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