Caporalato nell'appalto del cantiere di Monfalcone, capocantieri si facevano restituire lo stipendio dagli operai bengalesi con la minaccia: tre arresti per estorsione

MONFALCONE I carabinieri della compagnia di Monfalcone, in collaborazione con il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Gorizia, hanno dato esecuzione, questa mattina, 15 febbraio, a tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Gorizia, Carlo Isidoro Colombo, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione e somministrazione fraudolenta di manodopera, commessi a Monfalcone e nel comune di Falconara Marittima (Ancona) a partire dal 2018.

Destinatari dei provvedimenti sono i responsabili di una società con sede nella provincia di Ancona, che opera in appalto diretto, con l’impiego complessivo di circa 170 lavoratori, all’interno dei cantieri di Monfalcone, Genova e Ancona della società «Fincantieri Spa», che è risultata estranea ai fatti ed ha fornito massima collaborazione alle indagini.

L’indagine di Carabinieri e Ispettorato del Lavoro, diretta dal Sostituto Procuratore di Gorizia, Ilaria Iozzi, avrebbe consentito di far emergere le condotte criminose degli arrestati che, nella loro qualità di «capocantiere» si facevano restituire con la minaccia parte dello stipendio percepito in busta paga dai lavoratori, quasi tutti extracomunitari di nazionalità bengalese.

Estorsione con minacce e violenza

In particolare, si è potuto accertare che altri due indagati, di origine bengalese, erano incaricati delle riscossioni del denaro presso i lavoratori connazionali, che poi conferivano agli arrestati. Nel caso in cui un lavoratore si fosse rifiutato di restituire mensilmente parte del denaro in contante percepito in busta paga (che formalmente risultava corretta), entravano in gioco gli arrestati, che minacciavano i lavoratori mediante violenza fisica e verbale o anche prospettando loro la riduzione dell’orario di lavoro, il licenziamento o il mancato rinnovo del contratto di lavoro.

Sottratto il 15% dello stipendio

Le somme sottratte alle vittime si attestavano nel 15% circa dell’importo complessivo percepito in busta paga e, per l’assunzione di un lavoratore, veniva corrisposta ai due “capocantiere” una somma variabile tra i 700 ed i 1.000 euro. In alcuni casi, poi, veniva addirittura richiesto il pagamento di 50 euro al mese per l’utilizzo degli armadietti necessari agli operai per cambiarsi d’abito all’inizio e al termine del turno di lavoro.

Estorta la cassa integrazione percepita durante il lockdown

Ai lavoratori extracomunitari è stata estorta anche gran parte della somma percepita con la cassa integrazione nel periodo di lockdown nei mesi di marzo e aprile 2020.

Sottratti complessivamente 31,5 mila euro in forma illecita

Contestualmente è stato eseguito il decreto di sequestro preventivo del denaro giacente sui conti correnti intestati o risultanti nella disponibilità degli indagati, per un importo complessivo di 31.500,00 €, considerato quale risultanza delle somme illecitamente sottratte alle parti offese.

Questa indagine ha individuato sedici operai interinali vittime di caporalato

Al momento sono 16 le vittime individuate nell’ambito dell’attività di indagine, ma non si esclude che possano aumentare in seguito alla successiva testimonianza di altri operai. Ulteriori illeciti sono stati rilevati a carico dei responsabili della ditta che, servendosi di società di lavoro interinali, non hanno rispettato i limiti imposti dall’art. 31 legge 96/2018 (cd. Decreto Dignità) e dell’art. 23 della medesima legge, che impone l’impiego massimo del 30% dei lavoratori assunti tramite agenzie per il lavoro interinale.

Sono state, quindi, accertate anche responsabilità di società di somministrazione di lavoro interinale i cui titolari risultano indagati nell’ambito del medesimo procedimento poiché, aggirando la normativa che disciplina la specifica formula di impiego, si prestavano ad assumere un certo numero di lavoratori che venivano anticipatamente individuati dai soggetti arrestati, e che poi venivano inviati al lavoro presso l’impresa operante in appalto, evitando, di fatto, a quest’ultima di farsi carico di tutti gli oneri derivanti dall’assunzione di dipendenti propri.

Le perquisizioni

Infine, i militari della Compagnia di Monfalcone, congiuntamente a personale dei Nuclei Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Gorizia, Venezia ed Ancona, hanno eseguito diverse perquisizioni presso i domicili degli indagati e le sedi delle società coinvolte dislocate a Monfalcone e a Falconara Marittima, in provincia di Ancona, al fine di ricercare ed assicurare le fonti di prova relative ai reati per i quali si procede.

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